L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio
Camille Corot - Ginevra |
Tradizione di questo blog vuole che l'anno inizi con la poesia. Sarà forse ipoteca di cose propizie per il seguito, visto che la poesia è appannaggio canonico di anime gentili, resta il fatto che su questo blog non c'è capodanno senza poesia. Una piccola precisazione: non nego le buone intenzioni, direi quasi la scaramanzia, tuttavia non si discute che, almeno nell'ambito letterario, sono altrettanti anni che vige questa tradizione, mai nulla è cambiato in meglio nelle fortune artistiche dell'autore di questo blog. E poteva mai essere diversamente nel paese dei clan letterari e dei poteri personalistici, come l'Italia? Dunque, nessuna sorpresa. E allora? Che fare? Rompere la tradizione? Nient'affatto. Perché le cose propizie in questo blog sono ben altre che ricevere il plauso di un mondo letterario compromesso e, per così dire, diffidato. Le cose propizie sono nelle realizzazioni letterarie che questo spazio culturale può mettere in campo e offrire alla fruizione, e queste non sono mai mancate da lunga data. Dunque, poesia come augurio di altra poesia, che venga a illuminare questo blog: in ciò è contenuta ogni più rosea aspettativa, indipendentemente dall'accettazione da parte dell'ufficialità culturale italica, priva ormai di credibilità alcuna. La poesia che segue, in linea naturalmente con i miei presupposti espressivi nel genere lirico, serva dunque a far luce nel senso autentico sul nostro cammino ulteriore, che speriamo sia per i miei graditi lettori il più fausto possibile.
PER SBAGLIO
Le stelle non fu perché quella notte
non c’erano i gabbiani lungo il molo
che smisero di splendere e giornate
intere a maggio al vento il loro
ballo
i gelsomini rampicanti e penduli,
tardando a profumare, non compivano;
sulla casa la facciata e i suoi
gialli
non fu perché sulla strada l’ontano
di faccia s’era seccato che presero
a sbiadirsi ed a staccarsi
l’intonaco.
Fu perché di nuovo a passo sicuro
a nord violavano le Alpi ed a fuoco
misero le are di Vesta e ogni foro,
al telefono la solita voce
echeggiò con i suoi se, i suoi non
so,
i suoi però, tutto il tetto disfece
la tromba d’aria e l’incendio
insidioso
il deposito di gomme, con tatto
le carte truccarono al gioco i bari.
Né potevano dimenticare al porto
i velieri affondati dai corsari.
CLICHE’ STANDARD
(NOTRE DAME)
Sarà che le notti sempre illuminano
le lucciole e sempre il loro concerto
le cicale nell'incognito suonano,
non manca mai il pendolo nel salotto
di squillare allo scadere dell'orario
e archiviare un'altra data alle
spalle.
E' in fondo il fucsia in fiore in
calendario
a morire nella pesca col sole.
Ma la pesca non rimpiange il colore
perduto, né può alla siepe la
lucciola
farlo per la sua lanterna o le canore
cicale per le loro arie alla viola
lo possono, gira il libro la pagina
e non conta il romanzo precedente,
ma solo il seguito dell'Hamlet in
scena
fino al duello e al cianuro sulle
punte.
Il foro antico e i domestici lari
invece il piede vandalo lamentano,
le legioni annientate dai barbari,
i vascelli assaliti sull'oceano
dai pirati e il sangue sparso sui
flutti
le spiagge e i porti al ballo del
flamenco
piangono con i carichi stivati,
la radio del Nobel l’annuncio antico.
Perché in fondo l’estate mai poté
evitare a ottobre il solito scippo,
la seppia di finire nella rete
al largo, all’oltraggio del lampo il
pioppo
di abbrustolirsi, l’olio nel motore
già limpido, di consumarsi, il falco
di piombare sul fringuello, il mio
cuore
di arrugginirsi a quel fiato
malefico.
IPOTECA NON PAGATA
Tocco con mano la polvere i mobili
li rovina e le facciate alle case
il tempo, per quanto fossero nobili.
Il vino, non come dentro le casse
roba riposta, più invecchia più è acre,
constato, al chiuso dei tini in cantina.
A Villa dei misteri biacca ed ocre
alle pareti antiche ogni mattina
di più al cospetto dei visitatori
indifferenti s’accendono di rabbia.
Più le estati che spirano e più i fiori
sorgono ai cactus tra spine su sabbia.
E chi avrebbe previsto i nostri legni
con ori e perle al ritorno affondassero,
il fuoco divorasse i nostri sogni
di coltivare cotone a ogni ettaro,
l’aereo decollato in orario
poi atterrasse in ritardo per quell’asta
del Picasso, orde piombate in erario
al foro razziassero senza sosta,
quell’orecchio all’udire quella voce
fosse al telefono sordo e la mano
che il destino aspettava al varco invece
non muovesse allora un dito nemmeno?