domenica 1 gennaio 2023

IL TROUBADOUR XXIII-I

L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio



Camille Corot - Ginevra


Tradizione di questo blog vuole che l'anno inizi con la poesia. Sarà forse ipoteca di cose propizie per il seguito, visto che la poesia è appannaggio canonico di anime gentili, resta il fatto che su questo blog non c'è capodanno senza poesia. Una piccola precisazione: non nego le buone intenzioni, direi quasi la scaramanzia, tuttavia non si discute che, almeno nell'ambito letterario, sono altrettanti anni che vige questa tradizione, mai nulla è cambiato in meglio nelle fortune artistiche dell'autore di questo blog. E poteva mai essere diversamente nel paese dei clan letterari e dei poteri personalistici, come l'Italia? Dunque, nessuna sorpresa. E allora? Che fare? Rompere la tradizione? Nient'affatto. Perché le cose propizie in questo blog sono ben altre che ricevere il plauso di un mondo letterario compromesso e, per così dire, diffidato. Le cose propizie sono nelle realizzazioni letterarie che questo spazio culturale può mettere in campo e offrire alla fruizione, e queste non sono mai mancate da lunga data. Dunque, poesia come augurio di altra poesia, che venga a illuminare questo blog: in ciò è contenuta ogni più rosea aspettativa, indipendentemente dall'accettazione da parte dell'ufficialità culturale italica, priva ormai di credibilità alcuna. La poesia che segue, in linea naturalmente con i miei presupposti espressivi nel genere lirico, serva dunque a far luce nel senso autentico sul nostro cammino ulteriore, che speriamo sia per i miei graditi lettori il più fausto possibile.




PER SBAGLIO

 

Le stelle non fu perché quella notte

non c’erano i gabbiani lungo il molo

che smisero di splendere e giornate

intere a maggio al vento il loro ballo

i gelsomini rampicanti e penduli,

tardando a profumare, non compivano;

sulla casa la facciata e i suoi gialli

non fu perché sulla strada l’ontano

di faccia s’era seccato che presero

a sbiadirsi ed a staccarsi l’intonaco.

Fu perché di nuovo a passo sicuro

a nord violavano le Alpi ed a fuoco

misero le are di Vesta e ogni foro,

al telefono la solita voce

echeggiò con i suoi se, i suoi non so,

i suoi però, tutto il tetto disfece

la tromba d’aria e l’incendio insidioso

il deposito di gomme, con tatto

le carte truccarono al gioco i bari.

Né potevano dimenticare al porto

i velieri affondati dai corsari.

  


CLICHE’ STANDARD

(NOTRE DAME)

  

Sarà che le notti sempre illuminano

le lucciole e sempre il loro concerto

le cicale nell'incognito suonano,

non manca mai il pendolo nel salotto

di squillare allo scadere dell'orario

e archiviare un'altra data alle spalle.

E' in fondo il fucsia in fiore in calendario

a morire nella pesca col sole.

 

Ma la pesca non rimpiange il colore

perduto, né può alla siepe la lucciola

farlo per la sua lanterna o le canore

cicale per le loro arie alla viola

lo possono, gira il libro la pagina

e non conta il romanzo precedente,

ma solo il seguito dell'Hamlet in scena

fino al duello e al cianuro sulle punte.

 

Il foro antico e i domestici lari

invece il piede vandalo lamentano,

le legioni annientate dai barbari,

i vascelli assaliti sull'oceano

dai pirati e il sangue sparso sui flutti

le spiagge e i porti al ballo del flamenco

piangono con i carichi stivati,

la radio del Nobel l’annuncio antico.

 

Perché in fondo l’estate mai poté

evitare a ottobre il solito scippo,

la seppia di finire nella rete

al largo, all’oltraggio del lampo il pioppo

di abbrustolirsi, l’olio nel motore

già limpido, di consumarsi, il falco

di piombare sul fringuello, il mio cuore

di arrugginirsi a quel fiato malefico.

 


IPOTECA NON PAGATA

 

Tocco con mano la polvere i mobili

li rovina e le facciate alle case

il tempo, per quanto fossero nobili.

Il vino, non come dentro le casse

roba riposta, più invecchia più è acre,

constato, al chiuso dei tini in cantina.

A Villa dei misteri biacca ed ocre

alle pareti antiche ogni mattina

di più al cospetto dei visitatori

indifferenti s’accendono di rabbia.

Più le estati che spirano e più i fiori

sorgono ai cactus tra spine su sabbia.

  

E chi avrebbe previsto i nostri legni

con ori e perle al ritorno affondassero,

il fuoco divorasse i nostri sogni

di coltivare cotone a ogni ettaro,

l’aereo decollato in orario

poi atterrasse in ritardo per quell’asta

del Picasso, orde piombate in erario

al foro razziassero senza sosta,

quell’orecchio all’udire quella voce

fosse al telefono sordo e la mano

che il destino aspettava al varco invece

non muovesse allora un dito nemmeno?