L'eretico
Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e
poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi
contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già
dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione
con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico
finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa
intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e
clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio
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Ed eccoci al III stralcio del brano narrativo i cui primi 2 sono stati presentati nei mesi scorsi. Uno stile già da me consacrato innerva e sottende quest'altra mia pagina, appartenente al romanzo in via di completamento Lungo il muro. Un discorso compositivo uniforme, da me già sperimentato nel passato, prosegue sulla medesima falsariga, sì da configurare una ben definita personalità e fisionomia artistica. Che poi di questa impronta letteraria personale non si sia mai accorto il mondo dell'editoria e della cultura pubblica, non fa che attestarne la bontà e la significatività, considerando che questo paese è vitttima di clan artistici e lobby economico-finanziarie che ne condizionano pesantemente il corso, spesso e volentieri stravolgendo ad arbitrio ed a proprio uso e consumo la realtà delle cose, col distorcerela secondo i propri fini.
(III STRALCIO)
In
ultima analisi, fu lui, Salvator Rosa, a fondare a Firenze l’Accademia
dei percossi, dopodiché, sempre dipingendo le sue bellissime marine, i
golfi, le battaglie, i ritratti, le allegorie, passò, presso i Maffei, a
Volterra e lì compose le sue tre satire, la Poesia, la Musica, la
Pittura e realizzò il noto autoritratto. Non fu lui, però, ma
l’idraulico l’altro giorno. Avevo in bagno la vasca che perdeva e lo
chiamai, dimostrando che, quando si ha bisogno di qualcosa, non sempre
si svolta a destra all’incrocio. Magari si può anche invertire la
marcia, ma converrà in ogni caso assicurarsi che ci sia il carburante.
Non debba mai succedere che l’apotema del poligono sia il medesimo,
quando, preso un caffè al bar, uno vada alla cassa e dica mi dia anche
un cornetto! In tal caso è scontato che ci vorrà un altro caffè, sennò
il cornetto farebbe duro in gola e allora, con un altro caffè, quale
sarà il nuovo apotema per il poligono, se non ? Il ,
dunque rappresenterà il valore, ma non il totale, che sarà l’inverso
del caso precedente, ossia quello in cui, riempito il modulo, lo si
firma, senza omettere la data.
La data della morte del Rosa è un’altra, sia ben chiaro. Un
appassionato di tennis non suonerebbe mai il pianoforte, a meno di non
saperlo fare, così il pittore napoletano del secolo decimo settimo non
poteva non viaggiare sempre in carrozza o in groppa a un destriero. In
tal modo fece in realtà, rimpatriando da Firenze a Napoli nel 1646, ma
non si tratta qui di raccontare come un marmista lavora le soglie o i
davanzali di una casa, quanto piuttosto di stabilire quanti denti abbia
in bocca un elefante, visto e considerato che o tre o quattro sempre
festa è comunque di domenica. Poniamo, infatti, che i denti siano 32,
uno potrebbe senza difficoltà dire che i lampadari stanno a testa in
giù, cioè il caffè dopo tutto è una bevanda, mentre se fossero 33,
qualcuno si sentirebbe autorizzato a mettere il timbro sulla fattura di
758,56 per la fornitura di gasolio da riscaldamento. In tutti e due
i casi i pesci avrebbero le pinne, ma non è detto che le cascate siano
del Niagara. Potrebbero, per così dire, per esempio, anche essere rosse,
intendo le scarpe di vernice.
Non essendo, però quelle di Cenerentola, è probabile che il barile sia
di champagne francese e non di rhum giamaicano, nel qual caso è evidente
che le trombe sono quelle delle scale. Come potrebbero
effettivamente essere quelle dell’orchestra, se la coperta sul letto è
diversa da quella degli anni passati? Per assurdo, allora le caramelle
dovrebbero essere a menta.
Quindi, signori miei, non si abbia da ridire, quando affermo che il
torroncino si fa con le nocciole e le mandorle, tanto più che il
travertino non è alabastro, per cui ce ne vuole di più di benzina per
fare i chilometri. Per 250 ce ne vuole circa 28 litri, per 460 trentatré giocolieri, per 670 due candele di cera, per 78 un peluche, per 5
l’alfabeto cinese. Si ponga attenzione che nei calcoli relativi alla benzina la
consonante t è dentale, dunque sarebbe un errore fare il perimetro del
triangolo, piuttosto la coda del pavone.
Fatto sta che, si dica quel che si dica, nel 1646 il Rosa era di nuovo a
Napoli. E vi sembra che, tornato il pittore a Napoli, le già citate
mandorle avessero il guscio? Non solo, ma anche i verbi in –ire, per
via del passato remoto che fa io andai in luogo di noi spendemmo. La
spiegazione è tutta in una questione di soldi, dal momento che spendere
25 è ben diverso che spendere 43. La legge è quella del massimo
risparmio con la massima quantità, non qualità. Ecco la ragione per cui
i colliers di perle ci sono, i cavalli no.
Già, un cavallo ha la coda, la qual cosa ci rende noto come un
francobollo si debba incollare, ma le sardine in scatola. La salamoia se
non altro le conserva, anche se poi una rondine sta sul nido. In fin
dei conti il nido non differisce, in parole povere nella parola fenetre
ci vuole l’accento circonflesso. Ciò ci porta a escludere che il vino
fosse bianco, altrimenti il treno doveva partire prima, con la
conseguenza che in Italia molti politici sono in odore di mafia. E fosse
solo questo! Si pensi che la luna è tonda, quindi, allorchè una gru
deve sollevare un carico, non vi dico quanti melograni pendono dai rami.
Eppure Salvator Rosa non ne dipinse mai, forse in considerazione della
lunghezza da qui a lì. Sarebbe stato, credo, quanto meno blasfemo
dipingere melograni, alla luce del principio secondo cui un corpo
immerso in un liquido riceve una spinta. La spinta sarebbe stata uguale a
quella del liquido e allora le mattonelle sarebbero state di maiolica.
Invece sappiamo tutti benissimo che è meglio wi-fi.
Appare così in tutta la sua verità la famosa massima eppur si move,
applicando la quale è presumibile che il Rosa, una volta a Napoli, si
unisse ai rivoltosi nella famosa insurrezione di Masaniello, addirittura
intruppandosi nella Compagnia della morte, che tendeva agguati agli
spagnoli occupanti e cui aderirono altri pittori, come Aniello Falcone.
Si vede che il divano è un mobile, sennò spiegatemi perché, compilato un
modulo, ci vuole la data, basterebbe che si prendesse una tenaglia e si
estrarrebbe il chiodo, no? C’è, è vero il problema se il chiodo sia da 5
o da 10, ma ciò non toglie che, per cucire, ci vuole l’ago. Per
moltiplicare, alla fine ci vuole il per e non il più.
Ma forse il Rosa sperava che la sommossa di Masaniello servisse non
solo a migliorare le condizioni dei popolani vessati, quanto anche a
liberare Napoli e la Campania dal piede straniero, ridando ad esse il
fiato necessario a provvedere al proprio assetto civile e sociale e dando
vita magari a una Campania indipendente, nel quadro degli stati
italiani di allora? La cosa equivaleva a calcolare il volume. Non
potendo determinare la quotazione esatta del vaso antico, si fu
costretti, dando un valore approssimativo al volume, a coltivare la
pianta in terreno, il che impose l’uso di pala e vanga. Ciò fatto, si
potè mettere il meno e confrontare il risultato con i limoni di
Sorrento.
Purtroppo il babà si fa col rhum e a Nola dicono nun fa mai juorno,
facendo sì che, quando nel vicino comune di Saviano, fa giorno, a
qualche migliaio di chilometri da lì, non so, a Singapore, d’inverno è
già notte. Avvenne perciò che il volume era quello del cilindro, da cui
derivò necessariamente la discesa dello slittino nel bob a due. Il
povero Rosa, con la forca che gli pendeva sul capo, al ritorno a Napoli
degli spagnoli, fallito il moto del Masaniello (e perfino quello del
suo, forse più degno successore, Gennaro Arnese), non potè conseguentemente che prendere
la via della fuga per tempo e riparare a Roma. Lì, naturalmente il
volume era quello.
Essendolo, non era pensabile che l’edera non fosse rampicante, a meno
che uno non avesse la patente per guidare i camion. In tal caso, si
sarebbe potuto anche pensare ad una bougainville dai fiori cremisi, così
da venire incontro alle legittime aspettative dei marinai, i quali,
come ben si può intuire, viaggiano. Orbene, Rosa si rimise a fare
quadri, inclinando, con l’età più tarda, verso soggetti più mitologici
ed allegorici che in passato, come l’Humana Fragilitas e Lo spirito di
Samuele. Non dico con ciò che le angurie siano nespole, ma fuor di
dubbio che siano diverse. Chi, per la verità potrebbe chiamarle zucche,
se è vero che la cifra individuata con il calcolo è almeno pari?
A nessuno salterebbe in mente, scommetto, di considerarla sbagliata,
solo a riflettere che le liane stanno nella jungla e il merluzzo è un
pesce. Fossero le prime del deserto sahariano e il secondo un uccello
d’alto passo, ammetterei anche che il più sia per e allora ci vorrebbe
la samba brasiliana, ma, signori, posto che italiano è un aggettivo (non importa in fondo, per non creare equivoci, cosa voglia dire),
ditemi voi com’è possibile prendere un trapano e dire con questo faccio i
buchi? Sarebbe a dir poco verdognolo, nel senso di impastatrice per
calce.
Al contrario Salvator Rosa era, in più che pittore, anche poeta dalla
vena satirica e musico dalle molte arie liriche, e sempre frustava i
costumi e la coscienza dei suoi contemporanei, presi nel vortice
oppiaceo della loro miopia umana: di qui quel sentimento della
lontananza che si coglie nelle sue tele ed affreschi, di qui anche
l’espressione aver fegato per indicare una scatoletta di tonno da usare
per cena accompagnata da un’insalata di lattuga e scarola.
Egli, lo scenografo delle marine e dei paesaggi incastonati e incantati
nella storia, non soggiornò, però mai ad Amsterdam e non viaggiò mai in
Patagonia, né assaggiò mai il mango o lanciò il boomerang, né, per restare in tema
di meccanica dei fluidi e onde acustiche, la destra, né la sinistra, né
il sotto, né il sopra, ma morì. Era il 1673, non il gonfietto della
bicicletta e adesso ricordo finalmente il nome del farmaco consigliatomi
l’altro giorno per il raffreddore, parlando con certe persone che
frequentano con me il tennis, Cex.
Luigi Vanvitelli - Casina sul Fusaro |