mercoledì 1 novembre 2017

XEROX II

L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio



Jacques Lipchitz - Figura seduta

Eccoci al secondo stralcio di Xerox, facente parte del mio romanzo Visita di Sirdi. Mi tocca la solita (dolente) nota di accompagnamento: costanza da parte mia di un discorso narrativo, costanza da parte di un mondo quale quello pubblico della cultura italica di rimanere sordo ad esso. Un muro contro muro, direi. Una per così dire conflittualità cronica e permanente impronta i miei rapporti con l'ufficialità della letteratura nazionale, in mano a clan ottusi e sensibili solo ai loro affari particolari. Dunque, chi vuole usare la sua cortesia per leggere quest'altra pagina lo faccia pure in tutta serenità. Coglierà, credo, la genuinità della professione artistica e forse potrà scorgervi qualche pregio letterario. Grazie comunque per la pazienza di aver preso in considerazione quest'altra modesta fatica creativa











Era successo questo: quando ormai erano passati milioni e milioni di anni dall’era mesozoica e si era in pieno quaternario, incivilitisi i barbari alla luce di Roma, caduto l’impero asburgico, passato anche di moda il charleston e giunti sotto Pasqua di quell’anno, l’allora novello ingegnere del Genio Civile (di fresca nomina al Reparto Manutenzione e Vigilanza Opere Pubbliche) ricevé la visita dello zio Umberto, proveniente da Sapri, dove abitava da tanto, quasi una vita, a meno che non si voglia prestar fede alle tante voci su una nuova tassa sui generi voluttuari. Ebbene, poco mancò che quel tal rapinatore di cui parlavano i giornali non ci rimettesse la pelle e dire che Stefano in quei giorni aveva il cuore in sollucchero per la imminente assunzione in servizio, egli che, orfano di padre e convivente con la madre Eleonora, era di statura un po’ più sviluppata della media e zio Umberto, onesto commerciante di olio, gli era molto caro.  Giusto giusto: l’Etat c’est moi, disse Luigi XIV e non dimentichiamo che il signor Filippo, suo defunto genitore, perduto dall’ingegnere già in giovane età era ufficiale delle poste.
Facile intuirne che l’uovo sodo è più digeribile, al cui riguardo un disco di Caruso è troppo. Ma, andiamo con ordine: la storiografia, come inizio, pare abbia perso il valore di genere letterario, la cosiddetta saggistica non si è mai elevata a tal rango. Elaborare, in un simile contesto, una ricerca sulle abitudini alimentari della popolazione, mi sembra ora doveroso. Nella popolazione nel complesso predomina il sesso femminile e la percentuale di suicidi resta costante, con la conseguenza che i giornali tirano di più il lunedì, giorno in cui è il sole che al mattino sveglia la gente.
E questo è tutto il resto: è stato dimostrato che il sonetto, come forma compositiva, è nato in ambiente siciliano, alla corte fridericiana, ammesso anche che le Chansons de geste fossero lunghe. Quello stesso Federico che era Svevo e venne in Italia col favore del papa, lo si rileva anche dalla diffusa incompetenza della classe accademica nostrana, ossia nacquero stambecchi sulle balze dell’Appennino e fiumi sfociarono in mare: si pensi soltanto che viaggiare in treno costa meno.
Zio Umberto, dunque si presentò all’uscio di casa con un faccione raggiante e un fascio di fiori in mano e, appena di fronte al nipote, lo strinse tra le braccia caldamente, proclamando – Tanta felicità, mio caro da uno che ti vuole bene! -; seguirono pacche sulle spalle. In quel mentre, logicamente, erano le sette di sera, non piovendo, non c’erano ombrelli aperti per le strade, autobus sì e gli orologi segnavano più o meno le sette.  Nessuno avrebbe, sano di mente, affermato di essere nato nel 1627, nemmeno Stefano che, cadendo dalle nuvole per quell’inaspettata esternazione di affettuosi auspici, l’attribuì alla sua prossima assunzione.
Gli sportelli bancari, purtroppo chiudono alle quattro. Forse che invece, a quell’ora, le sette a occhio e croce, i tanti scandali pubblici, che tanto alimento offrono all’ansia di verità di stuoli di cronisti spiccioli della stampa nazionale, potevano presentarsi meno gravi, più innocenti? No, e allora perché chiedersi la ragione per cui il vino inacidisce o comprare biglietti della lotteria di Carnevale? No, l’abito non fa il monaco.
Eppure, poco dopo si udì zio Umberto dire – E dov’è la sposa? Mi piacerebbe conoscerla e congratularmi con lei, eh? – Chi in quella stanza, il soggiorno, avrebbe pensato allora ad un cantiere edile, dove si montano termosifoni? Tutt’altro: la neve si scioglie al sole, si diceva.
La sorpresa per quel desiderio dello zio fu patente, visto che al nipote non era neanche passato per la testa di sposarsi, e si addivenne, come d’obbligo ad una delucidazione. Tutti sarebbero stati d’accordo (alludo a Stefano, lo zio e la signora Eleonora, lì presente), se se ne fosse parlato, nel riconoscere che quell’anno si pagavano troppe tasse. Fortuna volle quella sera al principe Amedeo era in scena Questi fantasmi. Lo zio rivelò che giorni addietro, non foss’altro che lì a Sapri già a marzo pareva giugno, aveva avuto un rapporto d’affari, lui commerciante di olio con uno di Napoli, uno sconosciuto e passi pure l’odore di nafta nel porto.
Passi, ma le stelle biancheggiano. Poi quel tal cliente, confabulando essi sul più e sul meno e venuto a sapere la sua origine partenopea e che il figlio d una sua sorella di lì si chiamava tal dei tali, gli aveva sorprendentemente appreso che lui, suo nipote era da poco convolato ma nozze con tale Milena Arrighi, bibliotecaria e gli sponsali erano stati celebrati in un locale di Baia, di cui egli, testimone diretto capitato lì per avventura a parlarne con un cuoco, era un fornitore. S’intende che Baia dista qualche centinaio di chilometri da Caserta e che gli angeli sono purissimi spiriti.
Subito zio Umberto era salito in treno per rallegrarsi con il novello sposo e capire come mai non era stato informato, lui affezionato tanto al figlio di sua sorella, del lieto evento. Apriti cielo! Si poteva mai immaginare, dico che ci fosse tanta gente amante del jazz? Il numero degli ultracentenari viventi, viceversa è molto basso.
Stefano, per parte sua, dichiarò allo zio di essere perfettamente ignaro della cosa e che aveva bensì conosciuto questa Milena Arrighi, ammesso fosse lei quella donna, e sapeva fosse divenuta bibliotecaria, ma di non vederla da anni. Figurarsi, poi averla sposata, nonché le mazurche, i valzer, i tanghi. – Guarda, zio, non ci ho pensato nemmeno a prenderla in moglie -. E forse gli allibratori, i costumi di Carnevale, i frigoriferi, il Venezuela, Al Capone e chi sa che.                                                                                                                                                               
                                                            (segue)