martedì 5 gennaio 2021

IL TROUBADOUR I-XXI

L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio



Henry Matisse - Le luth

Quello che segue rappresenta il testo introduttivo di questo post, così come predisposto per il 1° gennaio ultimo e poi non pubblicato per il luttuoso evento che mi ha colpito. Lo pubblico ora nella rispettosa memoria di mio fratello Allocca Giovanni (1945-2021)

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Anno nuovo, poesia nuova. E' il momento, su questo blog, della poesia, la mia poesia, che i lettori, i pochi di esso, avranno, con i suoi ingredienti e la sua fattura, certo imparato a conoscere. Appresso ne presento 3 esemplari, che esibiscono la solita ricetta, malgrado le sue varianti nel tempo. Delle 3 poesie, la prima e la terza sono le più recenti, la seconda è più lontana negli anni, appartenente al volume Versi superstiti (1983-1998). Le altre due, benché già uscite su periodici, andranno inserite nel prossimo album poetico che pubblicherò non so quando. Ma se la ricetta, malgrado i suoi aggiustamenti nel tempo, è datata, queste poesie sono anche vecchie, dunque. A voi in definitiva un nuovo post con poesie nuove, ma dal sapore antico. Così pure quest'anno nuovo, che si apre oggi, pare all'insegna di vecchi e spinosi motivi, vecchie e spinose geremiadi, di un mondo sempre più vittima della globalizzazione con i suoi ricatti, che fanno crescere i poteri della centralizzazione istituzionale e burocratica e dei media, sempre più padroni della vita. E vecchi sono anche i motivi, vecchie anche le geremiadi per una cultura, come quella italica, gestita da forze oscure ed in preda a clan privatistici, investiti di un'autorità fattizia e farlocca. Lamentele cui si aggiungono quelle per una vicenda, quella del Covid, che ha ulteriormente aggravato le cose, facendo perdere all'uomo forzatamente i suoi diritti ai rapporti interpersonali e alla libertà di se stesso. Dunque un anno nuovo, una poesia nuova senz'altro, che si affacciano a noi però con le loro vecchie note nel bene e nel male, e ciò, se da una parte ci rende lieti nell'attesa delle novità, dall'altro ci cala nelle risapute note, così spesso dolenti. In questo spirito giunga ai lettori questo post di fausto 2021.
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AL BAR

 

Quante le volte non so che nel prato

andai in cerca del verde quadrifoglio,

quante colsi il trifoglio, già convinto

che ci sarebbero state sul ciglio

dell’orizzonte altre albe a profilarsi!

Poi sempre puntualmente con la vela

spiegata il vento cadeva sui passi

e solo il remo guidava alla cala.

Ci furono appuntamenti mancati

e treni persi, qualche strike a volte,

in genere però il flauto ai concerti

suonò sempre con note meste o lente.

 

Al solito naturalmente i barbari

fecero man bassa ai fori e triclini,

la facciata non mancò lungo i muri

di staccarsi a pezzi, tende e divani

di muffirsi e inselvatichì il giardino.

Non dico di quel telefono inoltre

dove quella voce segnò il destino

con le sue lunghe ali di avvoltoio atre,

dei predoni che con gladi e spade in pugno

tesero l’imboscata alla carrozza,

del naufragio che toccò al nostro legno

con pietre e gemme, nostra sola forza.

 

E non rimane qui di questo sabato

che l’ombra allungantesi dal lampione,

il bicchiere col brandy al morso antidoto

del sangue che ribolle nelle vene.   

 

  

 

POESIA AZZURRA

  

E’ il tempo, casto come specchio e vetro

di chiesa, che s’intrufola tra rocce

e porta spacchi e crolli al cuore, al centro

 

della vita. E’ l’aria, prezioso mantice

ai vivi, salutare come un tonico,

che inacidisce il vino e ammuffisce a once

 

il grano, corrompe con germi il fisico.

Col caldo, è la luce, se s’arroventa,

alfa del mondo, che brucia col fuoco

 

montagne e pianure, ustiona scoperta

la pelle, bagna di sudore. Quando

ti guardo, o tu (Oh Arlecchino buffone), irta

 

di pensieri la mente, sono io, ammodo

tuo estimatore, leggendo che puoi essere

in te, che tremo di paura nel fondo.

 

 

 

 ZOOM

 

                                                                      A Josif Brodskij, poeta,

                                                                    compagno di strada


Generalmente apparvero in sala artici

scenari sui quattro atti alla ribalta,

renne, trichechi e foche a fare estetici

da sfondo, nevi e ghiacci a manca e dritta,

mercurio sotto zero e plumbei cieli.

Non si videro nel film gigli e maggi

inquadrati, né brillò sui locali

in celluloide il responso di astrologi.

 

Fu forse che la mezzaluna scorse,

sorgendo, le onde tutte insanguinate

dal nostro legno abbordato a riprese,

spogliato e affondato in remote rotte,

che per un guasto al motore mancammo

all’incontro in agenda e saltò l’affare,

nel sonno ci sorpresero in disarmo

le orde e irruppero tra capitelli e are,

fu forse che feroce quella notte

non risparmiò l’addio doloroso,

piantando le frecce al bersaglio nette

del tiro al meeting e tramontò quel viso.

 

Ma ora addirittura non sa più il verde

il semaforo, il mattino dimentica

di svegliarsi, nessuno più che applaude

il flauto che non vuol suonare un’acca,

Pompei ha smesso di rivivere il tempo,

 giù dalla torre un masso non precipita,

il tuono tace e non segue più il lampo,

 non taglia l’astio nemmeno l’accetta.

venerdì 1 gennaio 2021

ANNUNCIO




Il consueto post del 1° del mese in data odierna non uscirà causa la dolorosa dipartita del fratello Giovanni del titolare di questo blog.
Verrà pubblicato successivamente