L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio
Henry Matisse - Le luth |
AL BAR
Quante le volte non
so che nel prato
andai in cerca del
verde quadrifoglio,
quante colsi il
trifoglio, già convinto
che ci sarebbero
state sul ciglio
dell’orizzonte altre
albe a profilarsi!
Poi sempre
puntualmente con la vela
spiegata il vento
cadeva sui passi
e solo il remo
guidava alla cala.
Ci furono
appuntamenti mancati
e treni persi,
qualche strike a volte,
in genere però il
flauto ai concerti
suonò sempre con note
meste o lente.
Al solito
naturalmente i barbari
fecero man bassa ai
fori e triclini,
la facciata non mancò
lungo i muri
di staccarsi a pezzi,
tende e divani
di muffirsi e
inselvatichì il giardino.
Non dico di quel
telefono inoltre
dove quella voce
segnò il destino
con le sue lunghe ali
di avvoltoio atre,
dei predoni che con
gladi e spade in pugno
tesero l’imboscata
alla carrozza,
del naufragio che
toccò al nostro legno
con pietre e gemme,
nostra sola forza.
E non rimane qui di
questo sabato
che l’ombra
allungantesi dal lampione,
il bicchiere col
brandy al morso antidoto
del sangue che
ribolle nelle vene.
POESIA AZZURRA
E’ il tempo, casto
come specchio e vetro
di chiesa, che
s’intrufola tra rocce
e porta spacchi e
crolli al cuore, al centro
della vita. E’
l’aria, prezioso mantice
ai vivi, salutare
come un tonico,
che inacidisce il
vino e ammuffisce a once
il grano, corrompe
con germi il fisico.
Col caldo, è la luce,
se s’arroventa,
alfa del mondo, che
brucia col fuoco
montagne e pianure,
ustiona scoperta
la pelle, bagna di
sudore. Quando
ti guardo, o tu (Oh
Arlecchino buffone), irta
di pensieri la mente,
sono io, ammodo
tuo estimatore,
leggendo che puoi essere
in te, che tremo di
paura nel fondo.
ZOOM
A Josif Brodskij, poeta,
compagno di strada
Generalmente apparvero in sala artici
scenari sui quattro
atti alla ribalta,
renne, trichechi e
foche a fare estetici
da sfondo, nevi e
ghiacci a manca e dritta,
mercurio sotto zero e
plumbei cieli.
Non si videro nel
film gigli e maggi
inquadrati, né brillò
sui locali
in celluloide il
responso di astrologi.
Fu forse che la
mezzaluna scorse,
sorgendo, le onde
tutte insanguinate
dal nostro legno
abbordato a riprese,
spogliato e affondato
in remote rotte,
che per un guasto al
motore mancammo
all’incontro in
agenda e saltò l’affare,
nel sonno ci
sorpresero in disarmo
le orde e irruppero
tra capitelli e are,
fu forse che feroce
quella notte
non risparmiò l’addio
doloroso,
piantando le frecce
al bersaglio nette
del tiro al meeting e
tramontò quel viso.
Ma ora addirittura
non sa più il verde
il semaforo, il
mattino dimentica
di svegliarsi,
nessuno più che applaude
il flauto che non
vuol suonare un’acca,
Pompei ha smesso di
rivivere il tempo,
giù dalla torre un masso non precipita,
il tuono tace e non
segue più il lampo,
non taglia l’astio nemmeno l’accetta.