L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio
Paestum - Tomba del tuffatore (particolare) |
Come sua tradizione, ogni anno di questi tempi questo blog rende omaggio alla Grecia dell'antichità, artefice di una letteratura che sfida il tempo e che ancor oggi si impone alla nostra attenzione come un contributo all'arte insostituibile nella storia umana. L'uomo non potrebbe fare a meno della grandezza e sapienza letteraria della Grecia classica, specie in un mondo come l'attuale, così volgare, e in un paese come l'Italia, così nemico dell'arte autentica, dominato com'è da clan culturali e lobby che fanno il bello e il cattivo tempo. Tutti i brani presenti in questo post sono stati tradotti per mano di Gerardo Allocca, animatore di questo blog, che così dà appuntamento ai suoi lettori a settembre
ALCEO - Fr.
140
E’
tutta un abbaglio di bronzo la sala,
elmi
tutta la parano al soffitto
scintillanti
per Ares, donde nivei
dall’alto
equini pennacchi ciondolano,
a
decoro delle fronti virili,
bronzei
mascherano i perni schinieri
fulgenti,
a schermo di lance mortali,
e
armature di lino nuovo nuovo
e
scudi bombati a terra adagiati.
Lì
presso poi sciabole calcidiche,
cinte
a profusione ancora e panciotti.
Cose
da non trascurare noi che ora
ci accingiamo a queste intrepide gesta.
ERODOTO - Le Storie (Proemio)
E’questo il racconto dello studio di Erodoto di
Alicarnasso, acciocché le azioni di cui autori sono gli uomini con il passar degli anni non si appannino e non solo le gesta gloriose e
stupefacenti sia dei Greci che dei barbari non siano obliate ma anche il perché guerreggiarono tra loro
ARCHILOCO - Fr. 13
Pericle, né chi biasimi le funebri
onoranze né, a farlo, la città
tutta potrà celebrare festini:
tali furono e tanti quanti il flutto
inghiottì strepitando e gonfio il cuore
abbiamo di collera. Agli incolmabili
strazi, bensì, gli dei, amico mio, a antidoto
la virile rassegnazione elessero.
Quando uno quando l’altro lo subisce,
questo: il turno nostro è ora, che gemiamo
per la piaga cruenta, ma toccherà
poi a altri. Pertanto in fretta rincuoratevi
scacciando via l’effeminato lutto.
ANACREONTE - Fr. 395
Abbiamo già le tempie candide,
la testa è tinta di canizie.
Le grazie della verde età
svanite, i denti ormai vetusti
né vita può durare a lungo.
Così, dell’aldilà pauroso,
verso lacrime tante volte:
atterrisce difatti il baratro
d’Ade e affligge il suo precipizio;
destino è per chi vi sprofonda
non tornare indietro mai più.
PLUTARCO - (Vita di Marcello, 19, 8-12)
Profondamente la disgrazia di Archimede rattristò
Marcello. Volle il destino che lo scienziato si trovasse a studiare una figura e, impegnato che ebbe
insieme sia la sua meditazione che il suo sguardo all’analisi di quella, non si
rese conto né del sopraggiungere dei Romani né dell’espugnazione della città.
Di colpo gli si fece da presso un legionario e gli intimò di comparire con lui
da Marcello, ma lui si rifiutò prima che avesse
completato il problema e averne definita una dimostrazione. Allora quello,
stizzito, denudò la spada e lo trucidò. Secondo altre fonti il Romano si sarebbe
presentato già con la spada sguainata per sopprimerlo, ma lui, scortolo, lo
implorò di pazientare un po’, affinché non troncasse la sua ricerca,
lasciandola a metà, ma quello, ignorandolo, lo trapassò. E una
terza versione esiste, cioè che dei legionari, incrociatolo mentre recava a
Marcello degli apparecchi scientifici, meridiani, sfere e compassi, grazie a
cui rendere accessibile la gran mole del sole ai nostri occhi, presunsero
custodisse dell’oro in quella teca e lo tramortirono. Malgrado ciò si concorda
che Marcello ne rimase desolato, ebbe a sdegno l’uccisore di quell’uomo come un
empio e rese ossequi ai superstiti di lui, dopo averli fatti rintracciare.
MIMNERMO - Fr. 1
Afrodite fuor della tutta d’oro,
che vita c’è giammai, che mai allegrezza?
Meglio morto quando non più m’allettino
i segreti amori, i soavi doni
e le lenzuola: gli effimeri fiori
della verde età di maschi e femmine.
La senilità all’abbattersi atroce,
che laido e turpe ognuno di noi rende,
il cuore è sempre grave di tormenti,
la vista dello splendore del sole
non lo rasserena, anzi riesce spiacevole
ai fanciulli e il gentil sesso lo scansa,
così odiosa il dio la terza età volle.
LISIA – Per l'uccisione di Eratostene (47-50)
Per parte mia, o magistrati, sappiate che questa
vendetta non è stata un regolamento di conti personale, ma un’espiazione in pro
della città tutta; così persone che si macchiano di gesti simili, nel
constatare quali sono le ricompense di tali trasgressioni, sbaglieranno meno
nei confronti altrui, verificando che anche voi condividete il medesimo
consiglio. Diversamente, assai preferibile sarebbe sopprimere le leggi in essere
e promulgarne altre che comminino sanzioni contro coloro che tengono d’occhio
le proprie donne e consentano di farla franca a coloro che sono intenzionati a
far loro torto. Mi sembra molto più corretto così anziché i cittadini vengano
traditi dalle stesse leggi, che per un verso dispongono uno che scopra un
adultero, è obbligo si regoli come meglio gli piace, quando per un altro verso
la giustizia è più severa verso coloro che sono danneggiati che verso quelli
che in barba alle leggi abusano delle loro donne. E invero io adesso sono in
bilico sia per la vita sia per gli averi sia per il rimanente, sol perché ho
dato credito alle leggi della nostra città.
SOFOCLE - Antigone
Coro (vv. 1348-1353)
Garanzia prima di felicità
sia uno spirito assennato e posato.
Nulla alla vista degli dei sia impuro.
I vaniloqui dei tronfi che attirano
su di loro fulmini inesorabili