lunedì 1 febbraio 2016

LINTROLAC

L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta. correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio




Wassily Kandisky - Mit und gegen
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Continua la presentazione degli scritti dell'autore di questo blog. E' la volta di Lintrolac, un nuovo episodio (per la verità composto diverso tempo fa) dal romanzo in corso Lungo il muro, che verrà distribuito in due tranche, di cui questa è la prima. Inutile dire che si tratta di una sfida aperta conto la pochezza e indegnità della editoria letteraria italica, per lo più milanese e torinese, come pure di un paese, come questo, che si regge sulla menzogna e la dissimulazione della verità. Altre parole, per chi ha già esperienza di questo genere stilistico e narrativo assolutamente personale, di cui sono il coniatore ed artefice ex-novo, non servono. 




  Jagghess forse vuol dire qualcosa, ma non ho idea che. Non potrebbe sicuramente indicare quanti anni aveva sul groppone Matusalemme, se non altro per il fatto che un ottagono richiederebbe anche gli angoli nella figura, laddove il basilico è verde e un lampadario deve portare le lampadine. Ma Jagghes potrebbe anche essere il cognome di qualcuno, certo, ma allora le motociclette dovrebbero essere più potenti, sennò come potrebbe il sedano essere anch’esso verde?
  Bando alle ciance su Jagghes, ho già abbastanza problemi con la pittura napoletana del ‘600. Sarà che avrò sentito quel nome da qualche parte, ma ciò non implica che debba per forza sorbirmi un tè al bar. E se prendessi uno skotch? Non sarà questo a tediarmi l’anima. Un caffè lungo, e via.
  Venendo al dunque, dicevo che Matusalemme aveva gli anni, e perché Alì Babà no? Il punto non è, allora Matusalemme o Alì Babà, ma le piastrelle del bagno devono essere 15x30 oppure 25x25? Onde scegliere al meglio, mi rivolgerò a un avvocato, che possa illuminarmi sulla possibilità o meno di diventare ballerino. Ballerino, direte? Ballerino, quello, precisamente. Immaginarsi che, qualora diventassi ballerino, dovrei disporre di una patente di guida, e secondo voi, avere una patente di guida non esige che uno sia maggiorenne e, se maggiorenne, uno non potrebbe anche chiamarsi Jagghes? Jagghes potrebbe, perciò, non essere il venditore di piastrelle, cosicché la scelta dipenderebbe solo da me, e vuoi vedere allora che non saprei decidere tra 15x30 e 25x50? Lapalissiano.
  Ma veniamo alla pittura napoletana del ‘600. Basti dire che una confezione di detersivo per i pavimenti è in genere di plastica, per capire che la pittura non è la scultura e, se è così, mi sapete dire per qual motivo nel nostro paese arricchirsi spesso esige di essere disonesti, per cui tanti sono i danarosi che si sono procurate le loro fortune per mezzo di imbrogli e inghippi, altro che lavoro? E solo a considerare che la pittura non è neanche l’architettura, sorge logica la conclusione che da noi rubare è meglio. Ecco che in tanti dicono alla fine, o pittore o scultore, basta che sia arte. Arte non carte, nel senso di non prendere il taxi.





  Qualcuno obietterà che i giornalisti fanno gli articoli o i servizi. Ebbene? Contano tutte quelle fandonie alla gente, per fare gli interessi dei loro padroni editori, e questo non significa fare del cinematografo? Se è giusto quel che dico, sarà anche giusto che un calciatore tira i calci e la gente impazzisce per lui, insomma la pittura non è scultura. Non essendolo, mi sembra ovvio che Jagghes venda la piastrelle ed io scelga, che so, 35x50.
  Ma non so se Jagghes sia un cognome, un nome di persona o che. Mi limito a supporre che, messo il coperchio sullo scatolo, dentro ci sia qualcosa, tipo cappello, guanti, libri, conserve di pomodoro, birra. Questo perché, data la ellitticità dell’orbita di Marte, dopo non mi si venga a dire lo scatolo era vuoto, con il che Jagghes sarebbe bell’e sistemato, cioè la mela caduta davanti agli occhi di Newton. Ora, sistemato che fosse, vorrebbe dire che fu Galilei a far cadere la mela?
  Signori, il fatto sta tutto lì, nell’essere un lombrico nel terreno, così da scavare tanti cunicoli dove passa l’aria, a condizione che il prezzo del cappello nello scatolo non sia troppo alto. Il lombrico naturalmente striscerebbe, ma non le formiche, che zampetterebbero a torme, non tanto come l’acqua che bolle nella pentola, ma il bowling. E rieccoci al punto di prima: visto che l’acqua bolle, per quanto non sia il bowling, ma il lombrico che non è la formica, dev’essere per forza che la pittura non è la scultura. Eppure il solo rammentare che la III sinfonia è in mi maggiore ci assicura che la mela cadde e furono o Newton o Galilei.
  E non finisce qui, basti dire che l’italiano è una lingua, ma lo parlano a seconda del posto, in pratica il cappello sta dentro lo scatolo e non il bowling, voglio dire che c’è l’italiano di Turin, de Milan, de Venessia, l’italiano de Roma, di Luha, e’ Palemmo, l’italiano di Ferara, di Zeina, per capire che l’Italia è un’illusione di certi italiani. L’illusione ci porta a considerare che la mela di Newton cadde dall’albero per conto suo e non fu Galilei, in sostanza non dipese dal cappello se nello scatolo c’era solo un vaso. (capovolgimento del vaso).
  Vaso su o vaso giù (sottosopra), Galilei disse il pendolo va su e giù. Ma non fu lui a dimostrare definitivamente che era la pittura, non la scultura. Cerchiamo di capirci: era avvenuto a Napoli che nel palazzo Schioppa, in un vicolo di via Toledo, c’era un affresco raffigurante Partenope che sorge dal Sebeto e questo affresco era, dunque pittura, non scultura. Non essendo scultura, nessuno avrebbe potuto dire a prima vista questa nave nel porto va in India o va in Norvegia o dove. Il problema era dunque stabilire se la nave fosse diretta o no a Caracas, accertata la qual cosa, bastava acquistare il biglietto e partire per Caracas. Mettiamo, però che la nave non facesse rotta per il Venezuela, bisogna sempre assodare se il vaso nello scatolo fosse o no capovolto. La cosa si complicava nel caso in cui nello scatolo ci fossero le birre, poiché, a capovolgerle, si faceva tanta di quella schiuma che, tolto il tappo, la birra sarebbe tutta traboccata fuori, con il rischio che magari la nave addirittura fosse una barca da pesca e non andasse a Caracas, ma tornasse in porto con le casse del pesce catturato, da mettere subito sotto ghiaccio, per conservarlo meglio.
  A quel punto, nel caso che fossero tutti polpi, sgombri, cefali, orate, totani, seppie, calamari, aguglie, spigole, non potevano anche essere trote, carpe, lucci, anguille, persici e perciò restava univocamente e rigorosamente confermato che la pittura non è scultura? Diversa la conclusione se la nave fosse destinata a Caracas, infatti il vaso non sarebbe apparso capovolto, in modo che immediatamente la mela sarebbe caduta dall’albero e Newton avrebbe pensato che Galilei anch’egli pensasse che ci fossero sul sole le macchie, da cui avrebbe ricavato la diretta proporzionalità con il prodotto delle masse, ma non, purtroppo, la fuoriuscita della birra dalla bottiglia, che restava unicamente correlata al capovolgimento, escluso se fosse stato il vaso ad essere capovolto.
  Ora ci domandiamo: e se fosse stato il cappello nello scatolo, allora la mela non sarebbe caduta dall’albero? Qui noi confessiamo la nostra pochezza e di non essere all’altezza di rispondere, dopodiché ritorniamo alla pittura, che, non essendo scultura, non ci permette di stabilire con sicurezza e indubitabilmente se la nave nel porto facesse rotta per Caracas, ma solo il 3 e 14, altrimenti non potremmo affermare c’è dentro il vaso o c’è dentro il cappello.
  E se il 3 e 14, perché no la plaza de Mayo, dove Goya si dimostra grande artista? La risposta qui impone una domanda: qual è quel detersivo per la casa che pulisce le vasche, ma non i pavimenti e che, se uno sta dormendo, non significa che debba russare per forza? Voglio dire insomma che, se quel detersivo è liquido, non va messo in frigorifero e, se è in polvere, è possibile usarlo anche per lavare i piatti. La conclusione di tutto è che il quadro di Goya non è stato mai rubato. Ma, così stando le cose, siamo autorizzati a dire che il 3 e 14 non serve solo per trovare la circonferenza, ma anche l’area del cerchio e quella della sfera, non tuttavia che nel nostro paese non rubino opere d’arte, tutt’altro.
  Il rubare è, dunque connaturato alla nostra gente? Cominciamo col dire che un rubinetto che si rispetti va lavato, poi aggiungeremo il 3 e 14 e ci apparirà evidente che il Tintoretto rubato fu ritrovato, ma non il vaso di epoca romana. Si vede che il Tintoretto non beveva coca-cola, laddove il vaso, non essendo infrangibile, differiva dal tango. Quest’ultimo in effetti si balla, a differenza del popcorn, che va acquistato. Tango o non tango, resta il fatto che una mazurka è più economica, nel senso che una tartaruga ha la corazza, la maratona è più lunga. 7 litri, comunque è di più, sia perché il vino è comunque un alcolico, sia perché non vi sono confezioni omaggio, tipo prendi tre barattoli di piselli in conserva, non le olive bianche.
  Qualunque sia poi il prezzo, non dimenticare che alla cassa del supermercato il sassofono è sempre uno strumento, per cui un trio di Brahms va suonato e il ferro da stiro. Ne viene anche che 7 litri di birra bastano, contrariamente al grado centigrado, che bisogna misurare col termometro.
  In 4 e quattr’otto non erano, pertanto i 7 litri di birra che erano successi a palazzo Schioppa di Napoli, né 44° C, ma l’affresco. Sinteticamente, al 2° piano vi era un rinomato affresco d’autore, che richiamava sempre studiosi e pubblico di visitatori, essendo il palazzo un monumento pubblico. Orbene, neanche i litri di birra fossero 8, la temperatura era sempre quella ambientale, cioè niente di speciale. Il punto, però era che l’affresco, oramai un classico della pittura, era da sempre attribuito alla mano di Giuseppe Recco, quando improvvisamente il critico d’arte Ciro Cerchia se n’era uscito a sentenziare che non era affatto così, ma che l’aveva dipinto niente di meno che Gian Lorenzo Bernini, in una sua venuta a Napoli, di ritorno nella sua città natale in occasione della perdita della madre, per onorare prima il suo capezzale poi il suo sepolcro. Allora il barone Schioppa gli aveva commissionato l’affresco, che egli aveva eseguito a tempo di record, due tre settimane, prima di riprendere il cammino alla volta del Vaticano. Ci crederete se vi dico che quella notizia, uscita sulla stampa, non bastò come i 7 litri di birra?
  Si dirà, perché la gente si ubriacò e bevve ancora. Nient’affatto! Non è che ci vollero altri litri di birra, ma il sole sorse come sempre a Napoli e il pesce si vendette a peso come sempre. Fu, però che ne nacque un vespaio di polemiche non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche tra l’opinione pubblica. Necessita a questo punto che vi spieghi una cosa: in marineria, quando una nave sta per essere passata in disarmo, a Napoli si dice che va in pensione. Ebbene, una di quella che stava per andare in pensione un giorno prese il largo per una breve traversata a Ischia, con poco equipaggio e pochi passeggeri paganti in giro turistico. E non ti capita lungo il tragitto che sul mare si accampa il dio Poseidone e col suo tridente si mette ad apostrofare quelli sulla nave – Mortali, vedete la mia potenza, io posso far rovesciare la nave, sommuovendo a più non posso le onde, se non mi venererete con i vostri onori - ? Quelli sulla nave, rimasti allibiti, non pensarono che un barbiere può benissimo chiamarsi Frank.


Salvator Rosa - Ritratto di Lucrezia come Sibilla