Come ogni anno di luglio, questo blog dedica agli autori
greci dell'antichità dei brani tutti tradotti dalla mano del titolare dello
stesso, Gerardo Allocca, in memoria di quella sublime letteratura e di quell'epoca della civiltà,
in cui non regnava la globalizzazione quanto spesso al contrario l'autentica
democrazia tra i cittadini. Non vi erano clan letterari e lobby a tenere banco
nella vita pubblica culturale e politica, come in quest'Italia bugiarda e
ingiusta, dove non vi è reale uguaglianza tra le persone e non vi è una vera
identità di popolo, ma vigeva il libero esercizio dello spirito intellettuale e
della coscienza civile.
Alceo - Fr. 367
Primavera tornare in fiori carica
ho appena ascoltato; in fretta riempite
la coppa di rosso, e dolce lo voglio.
Asclepiade - A.P. V, 85
Ti serbi casta, e a che pro? Nell’Ade
non troverai l’innamorato, cara.
Il frutto dell’amore
è per i
vivi,
ossa e cenere, bimba, l’aldilà.
Asclepiade - A.P. V, 189
Notte s’annuncia lunga
e fredda, mentre
scende il sole
giù in fondo alle
Pleiadi.
Ma io qui, presso il tuo
uscio, inzuppato d’acqua
sotto la pioggia vado su e giù, vittima
della saetta che contro mi scagliò
l’ammaliatrice:
lei, Cipride, invero,
non ardore seminò
nel mio petto,
scoccò inguaribile e
infuocato telo.
Asclepiade - A.P. VII, 500
Dì, viandante, tu che sfiori il mio tumulo
vacante, dì, se passi da Chio, al padre
mio, Melesagora, che al vento perfido
dell’est perimmo io, la nave ed il carico
e da allora di Euippo non v’è che il nome.
Alceo - Fr. 368
Se proprio serve una bevuta insieme,
il leggiadro Menone sia dei nostri.
Mimnermo – Fr. 12 West
Giorno per giorno toccò sfacchinare
al Sole, mai requie i suoi cavalli ebbero
e lui, dall’ora che rosseggia Aurora
in cielo, dall’Oceano sorgendo.
Sulle onde lo scarrozza la cara
sua alata alcova che gli fece Efesto
con le sue mani con oro zecchino,
lui nel sonno, celere dal paese
Esperidio fin al regno degli Etiopi,
dove spedito il carro ed i destrieri
che mattiniera l’alba splenda aspettano.
Vi risale su il figlio d’Iperione.
Asclepiade - A.P. XII, 46
Nemmeno ventidue anni, e ne ho
abbastanza!
Perché tanto male? A che
torturarmi,
voi, amorini. Giova il mio funerale?
Ah,certo! Come sempre avete fatto,
vi trastullerete ai dadi, voi cialtroni!
Omero - Iliade I (1-7)
Musa, racconta in versi qual fu mai
la collera che
prese il Pelide
Achille,
nefasta, cui tragedie senza fine
seguirono agli Achei e che
mietè tante
vittime illustri di eroi negli
Inferi,
le cui salme in pasto ai cani
finirono
e a ogni avvoltoio: ma quello era fato
del cielo, da che per prima infiammò
lite e il divino Achille e Atride il re.
Alceo - Fr. 397
Che tenero fiore autunnale!