Chitarra, cartoncino, spago e filo metallico di Pablo Picasso |
L'eretico Bruno riparte questo mese con la narrativa, precisamente con il I di una serie di inserti del racconto Mendarix (Idee sul vulcano di Mendariza), stralciato dal romanzo Visita di Sirdi. Una narrativa standard per il suo cliché e la sua cifra abituale, che ne fanno, oso credere, un pianeta a sé del panorama letterario d'oggi. Un autore è infatti prima di tutto se stesso, un mondo a parte in termini artistici, e ciò rappresenta il presupposto essenziale per un discorso espressivo. Essere un esemplare unico e irripetibile è la prima mira cui tendere per uno scrittore. Questa originalità, che insieme alle idee da lui incarnate sostanzia la sua personalità, incontri poi o meno le preferenze dei destinatari del suo impegno, la società, è un altro ragionamento, a posteriori, che però nulla toglie alla genuinità e autenticità del suo lavoro, di per sé bastevole a costituire l'oggetto artistico, consegnato alla fruizione e al giudizio altrui. In ciò si può individuare l'onestà culturale di un poeta o romanziere che sia.
Ecco, onestà culturale, è proprio quello che manca nella vita pubblica di questo paese, in cui continuano a dettare legge clan artistici e torbidi poteri in assoluta malafede.
IDEE SUL VULCANO DI MENDARIZA
Assodato che fu Annibale a traversare le
Alpi, non vorrei cominciare, come credo conveniate in base al titolo qui sopra,
dagli attrezzi del dentista, che nel suo studio riceve clienti con problemi orali. Sono
convinto sia più
appropriato, in loro vece, riferirsi a violini che suonano, così sarà
senz’altro più giudiziario.
Rotto pertanto il ghiaccio, entrati cioè nel
vivo del discorso, non disdegneremo di ricordare i tempi in cui le greggi
pascolavano nella malarica pianura laziale, che ispirò il poeta. Dopodiché,
dedicheremo senz’altro un
delicato pensiero ai coccodrilli del Nilo, che fanno tanto
paesaggio.
Colorito certo, e pittoresco quanto un
Giorgione, purché non si obietti che le guerre puniche furono 3. Per cortesia!
Allora, uno potrebbe dire anche che un brandy va versato nel bicchiere, no?
Bando alle chiacchiere, a Cheope ci sono le
più belle piramidi. E il vulcano di Mendariza? si domanderà. All’ippodromo ci
sono le corse, è presto detto. Mendariza infatti si ergeva sulla piccola isola
di Leroga, che accoglieva a un di presso 2500 anime. Non si creda fossero
piloti d’aereo, nemmeno una di esse svolgeva simile professione.
Altro che piloti d’aereo, sembra che la
capitale del barocco italiano sia stata quella del nostro regno del sud di
allora, la città del Vesuvio per intenderci, e non, come si sarebbe indotti a
pensare, i macchinisti delle ferrovie.
La spiegazione sta nel fatto che nell’isola non c’erano campi da tennis
e quasi nessuno sapeva praticare questo gioco. Leroga era un lembo di terra
immerso nel mare a quattro ore di navigazione dalla costa ed era meta frequente
di turisti, specie col caldo. Non era la patria di Teseo, quantunque sulle sue
scogliere venissero a posarsi le folaghe e i piccioni e i martelli vi fossero
tutti col manico. Mendariza, che dava il nome al gigantesco vulcano che vi
aveva sede, era il suo borgo sito a maggiore altezza.
Essendo Leroga un’isola, le case avevano
tavole, sedie, letti, tende o tendine alle finestre e c’era chi si faceva la
barba col rasoio elettrico. Molti vi avevano l’abitudine di portare il
cappello d’inverno, quando
poi si sa
che le ciliegie,
a gonfiarsene, fanno male.
Che facessero male
o meno (chi ci badava?), quanti
nell’isola si chiamavano Christian! Neanche fosse la pendola a muro.
Tito
e Nino erano
due di Leroga;
scrutando l’imponente mole del
vulcano che dominava l’isola, era un giovedì di giugno, essi confabulavano
insieme. - Vedi quanto fumo lassù! -. – Sì, Giugurta era re del Ponto - - Che? -
- Tuo zio fa sempre il negoziante di olio? - - Non dovresti pensare
sempre ai commerci, Nino - - Io? Se manco dal barbiere che sono due mesi!
- - E io no? Mai trattato in vita mia
articoli di detersivi e igiene personale -
- Macché, niente val più di una visita alle rovine di Pompei - - Per me
no; credo diversamente da te che la biologia studi anche i pesci - - Già, così
quel tuo zio ci spedisce un bel
carico di quello
sopraffino a prezzo
di favore - - Quello? Non lo sai che le cipolle lo fanno piangere? - - E
con ciò? - - Exegi monumentum, cantò Orazio - - Ma dai! - - Perché, i
treni non andavano a vapore una volta? -
- Vapore? E’ fumo sul Mendariza, vedi? -
- Non vedo che nel tuo futuro tanti soldi - - Ma se il mio hobby sono i garofani del mio
giardino? - - Io
ti consiglierei un
bel punto e
virgola - - Pensa piuttosto tutti
giurano che quello lì a giorni lassù farà un’esplosione paurosa e poi vomiterà
tanta lava, senti! - - A sentire, sento nostalgia dei miei
vent’anni - - Possibile tu non ti dia
pensiero del Mendariza? - - Non ci
credo, Ottaviano morì a Nola, per questo -
- Come come? Guarda tutto quel fumo, là in alto e poi vedi se ci credi o
no. C’è chi assicura le autorità ordineranno a breve l’evacuazione dell’isola,
si teme che l’esplosione c’inghiotta tutti noi e Leroga - - Lascia stare, i
lillà sono graziosi fiorellini - - Come no, pensa che, a darti ragione, Andrea Lo
Carlo lo hanno
fatto perfino presidente
di tribunale -. Riprese Tito –
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(segue)
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