Amedeo Modigliani - Madame G. Van Muyden |
L'eretico Bruno riparte questo settembre con la poesia, con tre sue composizioni. Ancora poesia? Sembra un controsenso, eppure la poesia continua. Poesia non come valore della vita, come sua emanazione di diritto, oggettiva e logica, ma come bisogno naturale, per così dire istintivo, animalesco. E' un inspiegabile impulso a manifestarsi hic et nunc, non un obiettivo della coscienza. Se fosse per la coscienza, chi scriverebbe poesie oggi?
Ma, nel momento di esternare se stessi, di tradurre in discorso il proprio mondo, è lì che poi subentra l'arte, la propria cifra. Lì emergono le personali forme elaborative, i propri indirizzi mentali. Qui rischio di ripetermi, riportando ancora una volta i miei accorgimenti da tecnico della materia e le mie amare verità, già espressi più volte nel corpo di questo blog. E potrei ripetere allora anche che la realtà ufficiale della cultura di questo paese non fa che ripetersi e riconfermarsi per quella che è, un ricettacolo di menzogne e piccolezze, mediocrità spacciate per cose di valore e frutto del dictat di clan artistici e poteri meschini? No, perciò qui tacerò, passando a far parlare direttamente la poesia
PIANOFORTE DA ACCORDARE
Questo
sia il pentagramma per suonare
versi
e le corde e i tasti siano i soffi
del
vento, cui affidare note amare.
E il
motivo, che, in esotici golfi
sgargianti,
affondarono dei corsari
feroci
i nostri velieri con stive
di
gemme e di perle, tingendo i mari
di
sangue; che la più gelida neve
s’accanì
il gennaio scorso in giardino
e ora
altro non è che sterpaglia e stocchi;
che a
noi le sacre colonne violarono
selvagge orde dal nord e i triclini ricchi;
che il
crack del titolo in borsa travolse
anche
il nostro commercio di pneumatici.
Vibri
così il concerto tra le case
come
un de prufundis tra scherzi comici.
E non
si dica mai che a disertare
fummo
noi, abiurando o che fu tutta
questione
di avversa stella a infierire.
In
fondo fu nella nostra cassetta
della
posta quella lettera a freddo
il
cuore a trapassare, quel giorno
a
causare in stazione il ritardo
non il
maltempo, ma il guasto del treno,
in
mansarda il raptus del micio in gabbia
a
sbranare alla finestra il fringuello,
Jago
sulla scena a instillare rabbia
nel
Moro che strinse istigato il collo.
I GIRADISCHI ECCETERA
L’Iliade che scrivemmo
ci vide protagonisti in una storia
da poliziesco insulsa
quanto la bolletta del telefono, aria
familiare e viziata sopra i nostri
appuntamenti da brivido, sopra
il thriller mozzafiato
che vivemmo. Domestico anche il the end,
tra pianti di cari, corone e mesti
telegrammi per l’estremo addio. E’ tutto.
………………..
………………..
Di te, oltre ai fuochi scialbi
che t’incendiavano la testa e al calmo
tuo passo sui giorni così comuni
del nostro calendario,
giocato sui dadi rocamboleschi
di normale amministrazione, al verde
mercoledì di Pasqua
tra i campi, dove, orrore, ci perdemmo,
all’elefante d’agata
made in China di seconda mano, esile,
che si ruppe nel tuo salotto cremisi, che mai fu
il mio, come il tuo indirizzo e la sorte,
mi accompagna il volume
pieno del giradischi,
che da S.Angelo, lassù orchestrava
alla valle, a te disperatamente
pia, a me?, al silenzio freddo
la canzone dei Magi, nella nebbia.
( Sulla pietra tombale
del prof. Giacomo Fondi,
insegnante di liceo in Nola)
Altri inverni, altri tramonti, domani
altri lunedì leggemmo una volta
nell'oroscopo, allora altri cumani
oracoli udimmo in fondo alla grotta,
altra la pesca, dunque che aspettava
il battello al largo,altri paesaggi
avvistammo al binocolo agli evviva
dei marinai. Questo è, pure agli ormeggi
il molo dell'attracco, questo il foro
che misero a ferro e fuoco da oltralpe,
queste le vene di mercurio e oro,
questi i piselli, le fave e le rape.
Non altro che questo sarà il lampione
per la sera, né altra la sabbia in riva
al mare o, affacciandosi dal balcone,
altro che quelle strade in prospettiva.