giovedì 25 settembre 2014

OBELION

L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio.



Henry Moore - Reclining mother & child



Obelion è il nome del racconto che segue, tratto dal mio romanzo Visita di Sirdi, racconto che risale ai primi degli anni '90. Riflette una linea narrativa propria di questo romanzo, già in nuce nel precedente libro Teologia, infine ripresa e limata in quello in corso Lungo il muro, di cui già si è in questo blog prodotto qualche esempio. Vi si rileva uno schema compositivo inedito, che l'autore persegue da lunga data e che rappresenta una sua personale cifra letteraria, la sua firma di romanziere.
Inutile dire che in questo paese retto da clan culturali nessuno ha avuto la buona fede di accorgersene. 





  Ora, Domenico tentò di prenderle le mani tra le sue, come a dire: il pianoforte è il più bello strumento che ci sia. Facevano una splendida coppia insieme, lo dicevano tutti, anche se molti ritenevano anche che durante i pasti non stia bene guardare la tivù. – No, ti prego. Proprio, vorrei andar via, sono stanca - , era la voce di lei, dal tono mesto e nervoso. – Scivoli come un’anguilla, calmati, c’è bisogno di spiegarsi – ammonì lui, che fosse inverno o estate. Passeggiavano da mezz’ora.
  Lui faceva Lenzi di cognome, lei Archibugi e di nome Francesca e il base-ball dicono sia uno degli sport più seguiti in America. E poi, il tonno si pesca lontano dalle coste. – Senti, non ci voleva adesso questa storia del Renoval. E’ per noi due come se piovesse sul bagnato – e quella era via Caravaggio, che guardava dall’alto vero il mare. – Ma no, Domenico, lascia stare il Renoval, è la nostra storia la sola in ballo adesso de è finita, credimi -. Non per nulla quel giorno scioperavano gli aeroporti e quella non era ora (dopo le 16 di un giovedì dicembrino) per andare a cena.  – E’ qui che t’inganni e pretendi d’ingannare anche me. La verità è che tu vuoi coinvolgere nel tuo insuccesso professionale, con tutti i guai che ne sono piovuti, anche il nostro amore, ma non sai confessarlo né a me, né a te stessa. Vuoi una catastrofe completa, ecco tutto – Può darsi, però che col tempo ritorneranno di moda le parrucche e la gente s’inciprierà come ai tempi del re Sole, non si sa mai. Francesca Archibugi, fatto si è che, farmacista da dieci anni e più aveva inventato una formula del tutto straordinaria per un cosmetico, Renoval, che aveva la virtù veramente prodigiosa di ringiovanire di molto il viso delle persone, sia donne che uomini, come una bacchetta magica. I due guardavano verso il lungomare e di fronte s’innalzava la sagoma inconfondibile del Castel dell’Ovo.                     
 - Sì, perché pensi che non mi basti aver perso il posto all’industria farmaceutica ed essere finita sotto  processo  per  usurpazione  di  brevetto,  salvandomi  appena  dalla  carcerazione  e  dalla radiazione dall’albo? E tutti i soldi che ci ho rimesso per il mancato sfruttamento del prodotto, che adesso si godrà quell’altro, il francese! -. Come se non fosse vero che l’ospite dopo tre giorni puzza, Francesca Archibugi quasi piangeva dalla rabbia. E dire che i ragni portano bene! – Chi? Quello? Quello di Nizza, Philippe Ménier? Cosa vuoi, le prove erano schiaccianti in suo favore: era senz’altro lui il primo inventore del cosmetico, il tuo Renoval, da lui battezzato Réjeun. Puoi dirti fortunata se hai evitato la condanna per furto, visto che hanno accertato tu avesti un incontro con lui, a Nizza – e qui, neanche le nuvole fossero di cartone, lei si precipitò a interromperlo – Andai lì, in Francia con dei colleghi dell’azienda per un giro di istruzione e aggiornamento ai suoi laboratori, i famosi Sarré e mi fu presentato. Ma niente di più, non si parlò del Renoval, né io ne seppi altrimenti. Poco dopo, feci la mia scoperta e subito brevettai il prodotto, precedendolo… - . – Ma lui ha dimostrato che la sua scoperta è anteriore alla tua e che, pur avendone dato delle  anticipazioni su una rivista medica, tardò a depositarne ufficialmente la formula, intendendo approfondirne la sperimentazione. Sorse così il naturale sospetto che tu gliel’avessi sottratto quella formula in qualche modo durante il tuo viaggio in Francia e te la sei cavata per il rotto della cuffia – E fortuna che  a Carnevale, come a Capodanno non tutti vanno ai veglioni nei locali, sennò!
  La donna gli spiegò anche quest’altra cosa – Vuoi rivangare tutta la causa? E sia. Io, come dissi ai giudici, non ho  mai saputo nulla delle sue ricerche. Arrivai  alla formula per  fortuna, l’ho  sempre  precisato  pubblicamente - Per caso, mi trovai a leggere la composizione di un unguento usato dagli antichi Egizi per la cura della gotta e di cui si faceva riferimento su un papiro, che figurava riportato, naturalmente tradotto, su un testo di farmacologia del secolo scorso. Preparai più che altro per gioco la pomata e per sbaglio la spalmai non già sugli arti, bensì sul muso di un vecchio cane gottoso e infine, dopo altre prove su animali, mi decisi a saggiarla sull’uomo, verificandone ogni volta gli effetti miracolosi. Purtroppo non ho potuto provare la veridicità di queste mie affermazioni, dal momento che del libro che fu la fonte della mia scoperta non ne ho più rinvenuta incredibilmente traccia e di quel papiro, come del libro stesso, nessuno al di fuori di me sembra avere notizia alcuna - . – E così i giudici, non potendo darti né ragione né torto, ti hanno assolta dal reato di furto per mancanza di elementi probatori, è giusto? - . – Esatto -, riconobbe lei, ma era, quello, si diceva, un giovedì.
  Intanto a Buenos Aires potevano essere più o meno le dieci, per non dire che il mellone con prosciutto e mozzarella è un antipasto squisito. – E la ditta mi ha liquidata per la cattiva immagine che ho offerto in pubblico di essa, proprio la settimana scorsa – concluse Francesca malinconicamente, quasi che una rondine non sia un uccello. L’innamorato, però, non avendo che una pessima opinione dei giornali nazionali subito si provò a confortarla, poggiandole un braccio al collo – Già, ma non ti ho liquidata io, gioia mia, che sei il mio cuore -, al che lei, che non era mai stata a Montevideo, s’irritò – Non ricominciare, Domenico. Non riapriamo una ferita. Quattro anni sono bastati tra noi e, ascoltami una volta per tutte: non ci resta che scrivere la parola fine sul nostro romanzo – e, dimentica che o bracciali o collane sempre gioielli sono, quasi con violenza si strappò da lui, allontanandosi decisamente. Poco mancò che piovesse, lunedì, ma allora, e non era quello il modo di allacciarsi le scarpe, Domenico le chiese, gettando l’ultima carta, da lontano – Che farai, adesso che non hai nemmeno un lavoro? – Egli fumava molto. - Si vedrà – disse lei, che aveva solo una cugina, mentre imbruniva laggiù, a occidente verso il mare, come un addio.



martedì 23 settembre 2014

UNA FORMULA DI ROMANZO

L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio.


Henry Moore - Reclining mother & child

Quello che segue è un passo dal mio romanzo Visita di Sirdi, passo che risale ai primi degli anni '90. Riflette una linea narrativa propria di questo romanzo, già in nuce nel precedente libro Teologia, infine ripresa e limata in quello in corso Lungo il muro, di cui già si è in questo blog prodotto qualche esempio. Vi si rileva uno schema compositivo inedito, che l'autore persegue da lunga data e che rappresenta una sua personale cifra letteraria, la sua firma di romanziere.
Inutile dire che in questo paese retto da clan culturali nessuno ha avuto la buona fede di accorgersene. 




  Ora, Domenico tentò di prenderle le mani tra le sue, come a dire: il pianoforte è il più bello strumento che ci sia. Facevano una splendida coppia insieme, lo dicevano tutti, anche se molti ritenevano anche che durante i pasti non stia bene guardare la tivù. – No, ti prego. Proprio, vorrei andar via, sono stanca - , era la voce di lei, dal tono mesto e nervoso. – Scivoli come un’anguilla, calmati, c’è bisogno di spiegarsi – ammonì lui, che fosse inverno o estate. Passeggiavano da mezz’ora.
  Lui faceva Lenzi di cognome, lei Archibugi e di nome Francesca e il base-ball dicono sia uno degli sport più seguiti in America. E poi, il tonno si pesca lontano dalle coste. – Senti, non ci voleva adesso questa storia del Renoval. E’ per noi due come se piovesse sul bagnato – e quella era via Caravaggio, che guardava dall’alto verso il mare. – Ma no, Domenico, lascia stare il Renoval, è la nostra storia la sola in ballo adesso de è finita, credimi -. Non per nulla quel giorno scioperavano gli aeroporti e quella non era ora (dopo le 16 di un giovedì dicembrino) per andare a cena.  – E’ qui che t’inganni e pretendi d’ingannare anche me. La verità è che tu vuoi coinvolgere nel tuo insuccesso professionale, con tutti i guai che ne sono piovuti, anche il nostro amore, ma non sai confessarlo né a me, né a te stessa. Vuoi una catastrofe completa, ecco tutto – Può darsi, però che col tempo ritorneranno di moda le parrucche e la gente s’inciprierà come ai tempi del re Sole, non si sa mai. Francesca Archibugi, fatto si è che, farmacista da dieci anni e più aveva inventato una formula del tutto straordinaria per un cosmetico, Renoval, che aveva la virtù veramente prodigiosa di ringiovanire di molto il viso delle persone, sia donne che uomini, come una bacchetta magica. I due guardavano verso il lungomare e di fronte s’innalzava la sagoma inconfondibile del Castel dell’Ovo.                     
 - Sì, perché pensi che non mi basti aver perso il posto all’industria farmaceutica ed essere finita sotto  processo  per  usurpazione  di  brevetto,  salvandomi  appena  dalla  carcerazione  e  dalla radiazione dall’albo? E tutti i soldi che ci ho rimesso per il mancato sfruttamento del prodotto, che adesso si godrà quell’altro, il francese! -. Come se non fosse vero che l’ospite dopo tre giorni puzza, Francesca Archibugi quasi piangeva dalla rabbia. E dire che i ragni portano bene! – Chi? Quello? Quello di Nizza, Philippe Ménier? Cosa vuoi, le prove erano schiaccianti in suo favore: era senz’altro lui il primo inventore del cosmetico, il tuo Renoval, da lui battezzato Réjeun. Puoi dirti fortunata se hai evitato la condanna per furto, visto che hanno accertato tu avesti un incontro con lui, a Nizza – e qui, neanche le nuvole fossero di cartone, lei si precipitò a interromperlo – Andai lì, in Francia con dei colleghi dell’azienda per un giro di istruzione e aggiornamento ai suoi laboratori, i famosi Sarré e mi fu presentato. Ma niente di più, non si parlò del Renoval, né io ne seppi altrimenti. Poco dopo, feci la mia scoperta e subito brevettai il prodotto, precedendolo… - . – Ma lui ha dimostrato che la sua scoperta è anteriore alla tua e che, pur avendone dato delle  anticipazioni su una rivista medica, tardò a depositarne ufficialmente la formula, intendendo approfondirne la sperimentazione. Sorse così il naturale sospetto che tu gliel’avessi sottratto quella formula in qualche modo durante il tuo viaggio in Francia e te la sei cavata per il rotto della cuffia – E fortuna che  a Carnevale, come a Capodanno non tutti vanno ai veglioni nei locali, sennò!
  La donna gli spiegò anche quest’altra cosa – Vuoi rivangare tutta la causa? E sia. Io, come dissi ai giudici, non ho  mai saputo nulla delle sue ricerche. Arrivai  alla formula per  fortuna, l’ho  sempre  precisato  pubblicamente - Per caso, mi trovai a leggere la composizione di un unguento usato dagli antichi Egizi per la cura della gotta e di cui si faceva riferimento su un papiro, che figurava riportato, naturalmente tradotto, su un testo di farmacologia del secolo scorso. Preparai più che altro per gioco la pomata e per sbaglio la spalmai non già sugli arti, bensì sul muso di un vecchio cane gottoso e infine, dopo altre prove su animali, mi decisi a saggiarla sull’uomo, verificandone ogni volta gli effetti miracolosi. Purtroppo non ho potuto provare la veridicità di queste mie affermazioni, dal momento che del libro che fu la fonte della mia scoperta non ne ho più rinvenuta incredibilmente traccia e di quel papiro, come del libro stesso, nessuno al di fuori di me sembra avere notizia alcuna - . – E così i giudici, non potendo darti né ragione né torto, ti hanno assolta dal reato di furto per mancanza di elementi probatori, è giusto? - . – Esatto -, riconobbe lei, ma era, quello, si diceva, un giovedì.
  Intanto a Buenos Aires potevano essere più o meno le dieci, per non dire che il mellone con prosciutto e mozzarella è un antipasto squisito. – E la ditta mi ha liquidata per la cattiva immagine che ho offerto in pubblico di essa, proprio la settimana scorsa – concluse Francesca malinconicamente, quasi che una rondine non sia un uccello. L’innamorato, però, non avendo che una pessima opinione dei giornali nazionali subito si provò a confortarla, poggiandole un braccio al collo – Già, ma non ti ho liquidata io, gioia mia, che sei il mio cuore -, al che lei, che non era mai stata a Montevideo, s’irritò – Non ricominciare, Domenico. Non riapriamo una ferita. Quattro anni sono bastati tra noi e, ascoltami una volta per tutte: non ci resta che scrivere la parola fine sul nostro romanzo – e, dimentica che o bracciali o collane sempre gioielli sono, quasi con violenza si strappò da lui, allontanandosi decisamente. Poco mancò che piovesse, lunedì, ma allora, e non era quello il modo di allacciarsi le scarpe, Domenico le chiese, gettando l’ultima carta, da lontano – Che farai, adesso che non hai nemmeno un lavoro? – Egli fumava molto. - Si vedrà – disse lei, che aveva solo una cugina, mentre imbruniva laggiù, a occidente verso il mare, come un addio.

lunedì 1 settembre 2014

LA POESIA RIAPRE

L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio.

Vincent Van Gogh  -  Iris
Una nuova poesia a firma di Gerardo Allocca per riaprire i battenti del discorso letterario di quest'anno, a prescindere da tutte le bassezze di cui possa rendersi colpevole il mondo letterario e culturale italico, come sempre nelle mani di clan personalistici.


RIPORTO IN BILANCIO
                                                            
                                                            C'è del marcio in Danimarca   
                      
Non foss'altro per il verde velluto
che di nuovo ogni volta la campagna
indossa ed il sangue in cui assassinato
spira ogni giorno o l’abbaglio che stagna
su ogni risveglio, affrescando pareti,
sarebbe lutto perenne alle strade,
regnerebbe asfissia su tutti i fiati,
 cianuro in ogni tazza avrebbe donde.
Sabotarono infatti il volo all’una
e l’aereo cadde sulla pista,
inondò le case e le vie la piena
del fiume ed ieri vendettero all’asta
l’orologio antico del nonno, in mare
il veliero con il caffè e banane
dalle Antille venne abbordato sere
fa dai filibustieri e poi stamane
il lampo s’abbatté sulla magnolia,
orde invasero i nostri peristili,
non innaffiata al balcone la dalia
seccò e al museo un Bernini agli stalli
rubarono, non mancò di colpire
faraone e Egitto il terzo flagello.
Ma oltre la collina vi è, vi è oltre il mare 
sempre l’orizzonte, oltre lì, il buio velo
della notte, sempre altre stelle splendono,
dentro la conchiglia sulla spiaggia odi
sempre le onde, i battiti che ti echeggiano 
dentro promettono lontani lidi.