sabato 1 gennaio 2022

IL TROUBADOUR XXII - I

L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio


Jan Vermeer - Signora alla spinetta


Poesia per ricominciare. Un 2022 che prende il via, e non potevo salutarlo nel modo migliore, con la poesia! Attenzione, però. Una poesia, che sicuramente poesia è, e del tutto autentica senz'altro, ma non garantisce purtroppo che il 2022 sia all'insegna della poesia, tutt'altro! Voglio dire non si creda che da parte mia io intenda inneggiare ad un anno di poesia. Signori, quale poesia in un'Italia come questa nelle mani di poteri forti, che si interessano esclusivamente di coltivare il proprio tornaconto, per capirci, un'Italia del capitale in borsa e non dei cittadini, un'Italia della UE e non delle persone, ma quale poesia! Un'Italia dei clan, anche artistici, che si occupano unicamente di tutelare e rafforzare le loro posizioni già acquisite nella società e in pubblico. Ma anche un'Italia e un mondo intero in balìa del villaggio globale, dello strapotere della comunicazione di massa, che può far credere, se vuole, perfino l'asino voli, nessuno oserebbe contraddire, si fa per dire. Insomma, rispettabili lettori, una poesia senza poesia, la mia, che non promette nulla di buono per il 2022, oltre tutto un anno fino al collo impegolato in questa specie di tragicommedia della pandemia Covid, per la quale non si sa più se ridere o piangere. Non sappiamo dove ci porterà questa storia, come tutto il resto, tutte le storture di cui parlavo prima, ma, tant'è, siamo qui, e non possiamo scappar via, quindi saremo ancora, volenti nolenti, testimoni e spettatori, per lo più passivi, di questi controsensi che si offriranno un altro anno ai nostri occhi e dovremo ingoiarli. Ma poesia sia, che assicuro vera, per quanto tanto nuova che vecchia, in altri termini, la mia poesia tanto esclusiva e attuale, quanto di conio già in corso, cioè una moneta già in circolazione, nel senso di rientrare in un'ottica compositiva, il mio stile, già da me sperimentato e collaudato! Che dire, a parte le mie note stilistiche, miei graditi lettori, questo ci passa il convento e ce lo dobbiamo tenere anche per il '22, e che Dio ce la mandi buona, quanto meglio sia!




 

E NUVOLE

 

Un altro lunedì tisico e cenere

è di ogni fiamma. Piovono sui passi

crolli di castelli in quadri e picche: ore

appuntate sull’agenda che si

liquefano in cuore come le bambole

dell’incendio. Maestà che in incognito

stanno in agguato a ogni angolo e a parole

vendute per Renoir un bel fioretto.

 


AFFARI DIPLOMATICI


Anche le nuvole sono diverse 

in quest’esilio, anche i gelsomini hanno

 

un altro colore. Le spade appese

 

alla parete, tutti i trofei furono

 

rubati. Suona a scherno la cicala,

 

clandestini si gira tra stranieri,

 

la patria un’altra, lontano, una fiala

 

di narcotico. Lì, il tiranno, che ieri

 

ci bandì via, detta legge, noi qui

 

senza cittadinanza, vie in dissesto.

 

Il nostro cielo era un altro, non qui,

 

il nostro rango diverso, non questo.

 

L’alba ci coglie sempre in alberghi ospiti,

 

sempre la sera a spiare l’orizzonte

 

se laggiù le vele dei fuoriusciti

 

a prelevarci dal sud sopraggiunte

 

si staglino per la riscossa, prima

 

che il sipario cali sul giorno. Ma apre

 

e così chiuda sue valve ogni lama, 

manca la perla alla conchiglia sempre.



 

 

SEI O SETTE GEROGLIFICI

 

Tra una tempesta ed un’altra, tra l’onda

che sale e l’onda che scende o la tromba

del Pierrot, la natura

dell’ingrandimento potrebbero essere

due bottoni identici di corno (d’osso),

tanto per così dire.

Il fagotto che continua a suonare

borbotta in tono forte

due note gemelle perfettamente,

in altri termini, una dopo l’altra.

Che colori siano squillanti, sagome

nette e la foto, d’arte!

 

Farò due flash tali e quali da esporre

in vetrina. Il riflesso

della collana nello specchio, il viso

di Narciso nello stagno, dei guanti.

Il mondo è così, che quando esso passa

due volte per la stessa scena, pare

d’impazzire. Il sogno è simile, lente

parabolica che ubriaca. Il ritorno

del temporale di fine d’estate,

del geranio rosso sopra il balcone,

della sciarpa intorno al collo, il rinnovo

del verde ai rami, dell’abbonamento,

la stessa luce in cielo

al pomeriggio, fanno

il fagotto che ripete il la. L’acqua

che goccia al rubinetto.

 

Bene, il flash scatterà per due la, pose

 conformi vissute. Cucù di nuovo

sulle dodici, coppia di orecchini.

Si vedrà come lo stesso uomo in stesso

ciak, di mezzo un anno, sia tutto un altro

paio di maniche, pur se i due bottoni

siano (quanto a metafora) compagni.

Apparirà anche il ghiaccio

di dentro del non ripescare il nord,

il proprio nord. E come l’uovo non sia uovo,

i pini non più pini,

l’acqua tutt’altro. Il ghiaccio

del meteorite fuori dell’orbita

in spazi inospitali.

 

E così, fuor binario,

proseguendo la corsa

fino al capolinea, noi vedremo

altro convoglio che al primo flash, storia

che si consuma attonita, intronata.

Ingrandiremo il tutto

e la duplice foto sarà pronta.

Sempre quella la storia,

quantunque la novella sia diversa.

 


 


                                        …così è che si scioglie la neve e cadono

le foglie degli ontani dissanguate,

questo è l’indirizzo dove domani

ho appuntamento…

 

                                   in cielo quattro nuvole

bastano a fare un giorno, il porto è sempre

pieno di navi e merci, vanno e vengono.

Io immagino un fabbro che batte un ferro

di fuoco all’incudine e il ferro cambia

forma, giusto un pugno di creta in mano.