L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio
Jackson Pollock - La furia |
Siamo al canto del cigno del racconto Mendarix, che qui si chiude. Il vulcano di Mendariza ha esaurito il suo ciclo narrativo, ma non ha svelato i suoi segreti. Il geologo Renato Sturio ha tenuto per così dire il verbal,e scientifico dell'eruzione, ma non ha potuto pronunciare la parola definitiva su di essa alla luce dei responsi degli illustri suoi colleghi vulcanologi. E nemmeno noi sciogliamo la riserva: è questa letteratura, quella dell'Eretico Bruno, meritevole del silenzio di cui la circonda il mondo culturale ufficiale italiano (anche se da un pò qualcosa si è mosso, qualche timido e debole segnale di riconoscimento pubblico, almeno a Napoli, si è visto, che però non cambia granché le carte in tavola), con i suoi clan e i suoi poteri oscuri, o è piuttosto quel mondo pubblico meritevole della massima riprovazione per il trattamento riservato ad essa (e altro), che disattende i più elementari diritti dell'arte e della convivenza civile? A ciascuno la risposta per parte sua e al tempo che verrà per tutti.
IDEE SUL VULCANO DI MENDARIZA (VII)
La storia del Mendariza, noterò, si era
conclusa da circa sei mesi. Era andata che un poliziotto aveva acciuffato un
rapinatore in una tabaccheria e per premiarsi si era scolato una birra. O
meglio, preso lo zaino in spalla, il giudice Tanza se n’era andato a caccia.
In poche parole, del cataclisma temuto su Leroga, l’isola del Mendariza, non ne
era sortito un bel nulla, era finito in una bolla di sapone, fermo restando che
gli eruditi consulti e responsi dei vulcanologi chiamati in causa, risultando
pur sempre calzanti e scrupolosi, erano tutto quello che allora si poteva fare.
Diciamola tutta: o la borsa o la vita. E’ la
frase canonica del mariuolo vecchio stampo, che so, a Milano, salvo a prendere
l’elenco del telefono per cercare il numero del fioraio e, trovatolo, non
sapere che farsene.
Ed eccoci, parlando di fiori, alle rose di
macchia: chi mai fu, ebbene il drudo che conquistò il cuore di Clitennestra?
Vox clamat in deserto: nei rovi ci sono le spine, non la carta geografica, e
dunque. Non vorrei si pensasse, seguendo il filo di questo discorso, io
collezioni francobolli.
Il mio scopo è un altro, cioè apporre il
timbro sul documento. Mi si chiederanno senz’altro notizie di Sturio.
All’indomani della partenza in massa della popolazione da Leroga sotto la
minaccia del Mendariza, egli fece il resoconto degli sviluppi della situazione
sull’isola. Si badi che a Sturio la
liquirizia non piaceva, vi si faccia attenzione.
Essa, che è la passione di tanti bambini, è
un’essenza vegetale. Succhiata in stecche, dà
un sapore amarognolo, gommoso e caramelloso; non tutti
sanno che la liquirizia ha un effetto digestivo, ma a Sturio non andava. Costui
scrisse a proposito della vicenda del Mendariza: nei mesi che successero
appresso, l’emissione dei fumi sul vulcano seguitò come prima, ma degli eventi
disastrosi variamente preannunciati non si ebbe alcuna traccia e, a distanza di
circa un anno, s’interruppe anche la fumigazione, sicché in breve, passata la
paura, la popolazione fece ritorno a Leroga. Il curioso e sorprendente si fu
che da quella data ogni rilevazione scientifica sul vulcano evidenziò che la
sua vita magmatica si era per il momento esaurita, il Mendariza era diventato praticamente un vulcano
spento, cosa incomprensibile.
Il tutto, messo in salsa verde, non poteva
non sfociare in un do di petto che avrebbe fatto tremare i vetri del teatro
lirico, e non fu così in virtù dell’intervento dei gendarmi, che presero tre
fuorilegge in platea e li portarono in guardina. Erano gli stessi tre che
giorni prima avevano mandato tanti baci a parenti e amici tramite cartoline
spedite in dolce compagnia da Sfax. Erano tre brave persone, no?
Che
fossero tali, si evidenzia dalla venuta di Pirro in Italia. Pirro, re
dell’Epiro, fu poi battuto a Maleventum sia che i topi avessero la coda sia che
un elettricista che si rispetti debba usare le pinze. Era lo stesso che dire
il barocco trovò in Italia feconde radici a Napoli, dove attecchì grazie alle
sue più spiccate personalità artistiche, a specchio, è presumibile, di una
realtà umana e civile particolarmente consona. Né va dimenticato che il liquore
contiene alcol, per cui non è detto le bollette siano della luce, in virtù del
sano principio secondo cui non si tossisce, senza essersi parata la mano
davanti alla bocca. Gente come, pittori intendo, come Cavallino,
Giordano, Recco, Preti
e Ribeira, pur non astri di prima
grandezza, vissero e operarono anch’essi nella città del golfo nel XVII secolo e il geniale Caravaggio stesso, benché forestiero, soggiornò e lavorò a lungo colà. Sturio, chi sa
perché, non ne parlava, spiegando, invece come, non che gli illustri studiosi
avessero fallito il loro compito, anzi, essi avevano interpretato lucidamente,
anche se discordemente, mercé gli strumenti più all’avanguardia nelle loro mani
quella contingenza del Mendariza e, se poi le cose erano andate in tutt’altro
modo, vale a dire che il vulcano ancora in piena salute e tutto fuoco nelle
viscere si fosse da un momento all’altro spento, ciò non era da imputare alla
scienza, che non aveva altri mezzi per giustificare quella imprevedibile
evoluzione se non i medesimi che l’avevano indotta a preannunciare ben altri
scenari e sbocchi, pronunciandosi in quel modo già noto. Scienza che comunque
aveva permesso con la sua soluzione pratica dello sgombero di superare con
successo il delicato momento sull’isola in preda al panico. C’era forse solo
una possibile risposta alla questione per ora aperta del vulcano, precisamente
che esso aveva deciso da solo il suo destino, in barba a tutte le più raffinate
verità della scienza; toccava a questa, adesso rimettersi all’opera e scoprire
di nuovo e con armi più affilate i segreti del Mendariza, per motivare il suo
anomalo recente passato e l’avvenire. Non mancava la firma in coda: Renato
Sturio; mancava qualche consiglio per una seria disciplina del traffico nelle
metropoli e per una sana alimentazione del lattante, nonché qualche chiodo a croc.
Si sarebbe dovuto riferire a mio giudizio da
parte dello Sturio nel suo rapporto su
Mendariza anche sulle nevi del Kilimangiaro, che pur essendo in Africa è
imbiancato. Ragioni non dissimili sono all’origine del diffuso cattivo gusto
dei nostri giornali, che chi li legge o li vede dallo schermo è buono, per non
dire che, seduti
sull’erba o in moto su di essa, si può fare una splendida
scampagnata. Basta entrare nell’ordine di idee che la più parte delle persone
si rade la barba con pennello e rasoio a mano e non va mai in bicicletta,
quando poi chi non lo sa che tutto sta a lavarsi i denti. Non solo, ma fu
barocca tutto sommato, non per ripeterci, ma per coltivare tulipani, la musica
dello Stabat mater di Pergolesi e quella della Nina pazza per amore di
Paisiello o quella del Matrimonio segreto di Cimarosa e il clavicembalo, grosso
modo, di Scarlatti, tutta una fioritura di elaborazioni strumentali e liriche,
che andarono a impinguare il già ricco patrimonio artistico, letterario e
musicale stesso, con Scarlatti padre, del secolo anteriore nel capoluogo
campano, da noi già prima qualificato come capitale del barocco italiano. Né si
può trascurare di riportare che Sturio, andato a pesca una domenica con la
famiglia sul lago Laceno prese una trota, una carpa e una tinca.
(Fine)