mercoledì 1 maggio 2019

MENDARIX 7



L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio

Jackson Pollock - La furia

Siamo al canto del cigno del racconto Mendarix, che qui si chiude. Il vulcano di Mendariza ha esaurito il suo ciclo narrativo, ma non ha svelato i suoi segreti. Il geologo Renato Sturio ha tenuto per così dire il verbal,e scientifico dell'eruzione, ma non ha potuto pronunciare la parola definitiva su di essa alla luce dei responsi degli illustri suoi colleghi vulcanologi. E nemmeno noi sciogliamo la riserva: è questa letteratura, quella dell'Eretico Bruno, meritevole del silenzio di cui la circonda il mondo culturale ufficiale italiano (anche se da un pò qualcosa si è mosso, qualche timido e debole segnale di riconoscimento pubblico, almeno a Napoli, si è visto, che però non cambia granché le carte in tavola), con i suoi clan e i suoi poteri oscuri, o è piuttosto quel mondo pubblico meritevole della massima riprovazione per il trattamento riservato ad essa (e altro), che disattende i più elementari diritti dell'arte e della convivenza civile? A ciascuno la risposta per parte sua e al tempo che verrà per tutti.



IDEE SUL VULCANO DI MENDARIZA (VII)

  La storia del Mendariza, noterò, si era conclusa da circa sei mesi. Era andata che un poliziotto aveva acciuffato un rapinatore in una tabaccheria e per premiarsi si era scolato una birra. O meglio, preso lo zaino in spalla, il giudice Tanza se n’era andato a caccia. In poche parole, del cataclisma temuto su Leroga, l’isola del Mendariza, non ne era sortito un bel nulla, era finito in una bolla di sapone, fermo restando che gli eruditi consulti e responsi dei vulcanologi chiamati in causa, risultando pur sempre calzanti e scrupolosi, erano tutto quello che allora si poteva fare.
  Diciamola tutta: o la borsa o la vita. E’ la frase canonica del mariuolo vecchio stampo, che so, a Milano, salvo a prendere l’elenco del telefono per cercare il numero del fioraio e, trovatolo, non sapere che farsene.
  Ed eccoci, parlando di fiori, alle rose di macchia: chi mai fu, ebbene il drudo che conquistò il cuore di Clitennestra? Vox clamat in deserto: nei rovi ci sono le spine, non la carta geografica, e dunque. Non vorrei si pensasse, seguendo il filo di questo discorso, io collezioni francobolli.
  Il mio scopo è un altro, cioè apporre il timbro sul documento. Mi si chiederanno senz’altro notizie di Sturio. All’indomani della partenza in massa della popolazione da Leroga sotto la minaccia del Mendariza, egli fece il resoconto degli sviluppi della situazione sull’isola.  Si badi che a Sturio la liquirizia non piaceva, vi si faccia attenzione.
  Essa, che è la passione di tanti bambini, è un’essenza vegetale. Succhiata   in   stecche, dà   un   sapore   amarognolo, gommoso e caramelloso; non tutti sanno che la liquirizia ha un effetto digestivo, ma a Sturio non andava. Costui scrisse a proposito della vicenda del Mendariza: nei mesi che successero appresso, l’emissione dei fumi sul vulcano seguitò come prima, ma degli eventi disastrosi variamente preannunciati non si ebbe alcuna traccia e, a distanza di circa un anno, s’interruppe anche la fumigazione, sicché in breve, passata la paura, la popolazione fece ritorno a Leroga. Il curioso e sorprendente si fu che da quella data ogni rilevazione scientifica sul vulcano evidenziò che la sua vita magmatica si era per il momento esaurita, il Mendariza era diventato praticamente un vulcano spento, cosa incomprensibile.
  Il tutto, messo in salsa verde, non poteva non sfociare in un do di petto che avrebbe fatto tremare i vetri del teatro lirico, e non fu così in virtù dell’intervento dei gendarmi, che presero tre fuorilegge in platea e li portarono in guardina. Erano gli stessi tre che giorni prima avevano mandato tanti baci a parenti e amici tramite cartoline spedite in dolce compagnia da Sfax. Erano tre brave persone, no?
  Che fossero tali, si evidenzia dalla venuta di Pirro in Italia. Pirro, re dell’Epiro, fu poi battuto a Maleventum sia che i topi avessero la coda sia che un elettricista che si rispetti debba usare le pinze. Era lo stesso che dire il barocco trovò in Italia feconde radici a Napoli, dove attecchì grazie alle sue più spiccate personalità artistiche, a specchio, è presumibile, di una realtà umana e civile particolarmente consona. Né va dimenticato che il liquore contiene alcol, per cui non è detto le bollette siano della luce, in virtù del sano principio secondo cui non si tossisce, senza essersi parata la mano davanti alla bocca. Gente come, pittori intendo, come  Cavallino,  Giordano,  Recco,  Preti  e  Ribeira, pur non astri di prima grandezza, vissero e operarono anch’essi nella città del golfo nel XVII secolo  e  il  geniale Caravaggio stesso, benché forestiero, soggiornò e lavorò a lungo colà. Sturio, chi sa perché, non ne parlava, spiegando, invece come, non che gli illustri studiosi avessero fallito il loro compito, anzi, essi avevano interpretato lucidamente, anche se discordemente, mercé gli strumenti più all’avanguardia nelle loro mani quella contingenza del Mendariza e, se poi le cose erano andate in tutt’altro modo, vale a dire che il vulcano ancora in piena salute e tutto fuoco nelle viscere si fosse da un momento all’altro spento, ciò non era da imputare alla scienza, che non aveva altri mezzi per giustificare quella imprevedibile evoluzione se non i medesimi che l’avevano indotta a preannunciare ben altri scenari e sbocchi, pronunciandosi in quel modo già noto. Scienza che comunque aveva permesso con la sua soluzione pratica dello sgombero di superare con successo il delicato momento sull’isola in preda al panico. C’era forse solo una possibile risposta alla questione per ora aperta del vulcano, precisamente che esso aveva deciso da solo il suo destino, in barba a tutte le più raffinate verità della scienza; toccava a questa, adesso rimettersi all’opera e scoprire di nuovo e con armi più affilate i segreti del Mendariza, per motivare il suo anomalo recente passato e l’avvenire. Non mancava la firma in coda: Renato Sturio; mancava qualche consiglio per una seria disciplina del traffico nelle metropoli e per una sana alimentazione del lattante, nonché qualche chiodo a croc.
  Si sarebbe dovuto riferire a mio giudizio da parte dello Sturio  nel suo rapporto su Mendariza anche sulle nevi del Kilimangiaro, che pur essendo in Africa è imbiancato. Ragioni non dissimili sono all’origine del diffuso cattivo gusto dei nostri giornali, che chi li legge o li vede dallo schermo è buono, per non dire   che,  seduti   sull’erba   o  in moto su di essa, si può fare una splendida scampagnata. Basta entrare nell’ordine di idee che la più parte delle persone si rade la barba con pennello e rasoio a mano e non va mai in bicicletta, quando poi chi non lo sa che tutto sta a lavarsi i denti. Non solo, ma fu barocca tutto sommato, non per ripeterci, ma per coltivare tulipani, la musica dello Stabat mater di Pergolesi e quella della Nina pazza per amore di Paisiello o quella del Matrimonio segreto di Cimarosa e il clavicembalo, grosso modo, di Scarlatti, tutta una fioritura di elaborazioni strumentali e liriche, che andarono a impinguare il già ricco patrimonio artistico, letterario e musicale stesso, con Scarlatti padre, del secolo anteriore nel capoluogo campano, da noi già prima qualificato come capitale del barocco italiano. Né si può trascurare di riportare che Sturio, andato a pesca una domenica con la famiglia sul lago Laceno prese una trota, una carpa e una tinca.

(Fine)