L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio.
Quello che segue è un passo dal mio romanzo Visita di Sirdi, passo che risale ai primi degli anni '90. Riflette una linea narrativa propria di questo romanzo, già in nuce nel precedente libro Teologia, infine ripresa e limata in quello in corso Lungo il muro, di cui già si è in questo blog prodotto qualche esempio. Vi si rileva uno schema compositivo inedito, che l'autore persegue da lunga data e che rappresenta una sua personale cifra letteraria, la sua firma di romanziere.
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| Henry Moore - Reclining mother & child |
Quello che segue è un passo dal mio romanzo Visita di Sirdi, passo che risale ai primi degli anni '90. Riflette una linea narrativa propria di questo romanzo, già in nuce nel precedente libro Teologia, infine ripresa e limata in quello in corso Lungo il muro, di cui già si è in questo blog prodotto qualche esempio. Vi si rileva uno schema compositivo inedito, che l'autore persegue da lunga data e che rappresenta una sua personale cifra letteraria, la sua firma di romanziere.
Inutile dire che in questo paese retto da clan culturali nessuno ha avuto la buona fede di accorgersene.
Ora, Domenico tentò di prenderle le mani tra le sue, come a dire: il pianoforte è il più bello strumento che ci sia. Facevano una splendida coppia insieme, lo dicevano tutti, anche se molti ritenevano anche che durante i pasti non stia bene guardare la tivù. – No, ti prego. Proprio, vorrei andar via, sono stanca - , era la voce di lei, dal tono mesto e nervoso. – Scivoli come un’anguilla, calmati, c’è bisogno di spiegarsi – ammonì lui, che fosse inverno o estate. Passeggiavano da mezz’ora.
Lui faceva Lenzi
di cognome, lei Archibugi e di nome Francesca e il base-ball dicono sia uno
degli sport più seguiti in America. E poi, il tonno si pesca lontano dalle
coste. – Senti, non ci voleva adesso questa storia del Renoval. E’ per noi due
come se piovesse sul bagnato – e quella era via Caravaggio, che guardava
dall’alto verso il mare. – Ma no, Domenico, lascia stare il Renoval, è la nostra
storia la sola in ballo adesso de è finita, credimi -. Non per nulla quel
giorno scioperavano gli aeroporti e quella non era ora (dopo le 16 di un
giovedì dicembrino) per andare a cena. –
E’ qui che t’inganni e pretendi d’ingannare anche me. La verità è che tu vuoi
coinvolgere nel tuo insuccesso professionale, con tutti i guai che ne sono
piovuti, anche il nostro amore, ma non sai confessarlo né a me, né a te stessa.
Vuoi una catastrofe completa, ecco tutto – Può darsi, però che col tempo
ritorneranno di moda le parrucche e la gente s’inciprierà come ai tempi del re
Sole, non si sa mai. Francesca Archibugi, fatto si è che, farmacista da dieci
anni e più aveva inventato una formula del tutto straordinaria per un
cosmetico, Renoval, che aveva la virtù veramente prodigiosa di ringiovanire di
molto il viso delle persone, sia donne che uomini, come una bacchetta magica. I
due guardavano verso il lungomare e di fronte s’innalzava la sagoma
inconfondibile del Castel dell’Ovo.
- Sì, perché
pensi che non mi basti aver perso il posto all’industria farmaceutica ed essere
finita sotto processo per
usurpazione di brevetto,
salvandomi appena dalla
carcerazione e dalla radiazione dall’albo? E tutti i soldi
che ci ho rimesso per il mancato sfruttamento del prodotto, che adesso si godrà
quell’altro, il francese! -. Come se non fosse vero che l’ospite dopo tre
giorni puzza, Francesca Archibugi quasi piangeva dalla rabbia. E dire che i
ragni portano bene! – Chi? Quello? Quello di Nizza, Philippe Ménier? Cosa vuoi,
le prove erano schiaccianti in suo favore: era senz’altro lui il primo
inventore del cosmetico, il tuo Renoval, da lui battezzato Réjeun. Puoi dirti
fortunata se hai evitato la condanna per furto, visto che hanno accertato tu
avesti un incontro con lui, a Nizza – e qui, neanche le nuvole fossero di
cartone, lei si precipitò a interromperlo – Andai lì, in Francia con dei colleghi
dell’azienda per un giro di istruzione e aggiornamento ai suoi laboratori, i
famosi Sarré e mi fu presentato. Ma niente di più, non si parlò del Renoval, né
io ne seppi altrimenti. Poco dopo, feci la mia scoperta e subito brevettai il
prodotto, precedendolo… - . – Ma lui ha dimostrato che la sua scoperta è
anteriore alla tua e che, pur avendone dato delle anticipazioni su una rivista medica, tardò a
depositarne ufficialmente la formula, intendendo approfondirne la sperimentazione.
Sorse così il naturale sospetto che tu gliel’avessi sottratto quella formula in
qualche modo durante il tuo viaggio in Francia e te la sei cavata per il rotto
della cuffia – E fortuna che a
Carnevale, come a Capodanno non tutti vanno ai veglioni nei locali, sennò!
La donna gli
spiegò anche quest’altra cosa – Vuoi rivangare tutta la causa? E sia. Io, come
dissi ai giudici, non ho mai saputo
nulla delle sue ricerche. Arrivai alla
formula per fortuna, l’ho sempre
precisato pubblicamente - Per
caso, mi trovai a leggere la composizione di un unguento usato dagli antichi
Egizi per la cura della gotta e di cui si faceva riferimento su un papiro, che
figurava riportato, naturalmente tradotto, su un testo di farmacologia del
secolo scorso. Preparai più che altro per gioco la pomata e per sbaglio la
spalmai non già sugli arti, bensì sul muso di un vecchio cane gottoso e infine,
dopo altre prove su animali, mi decisi a saggiarla sull’uomo, verificandone
ogni volta gli effetti miracolosi. Purtroppo non ho potuto provare la veridicità
di queste mie affermazioni, dal momento che del libro che fu la fonte della mia
scoperta non ne ho più rinvenuta incredibilmente traccia e di quel papiro, come
del libro stesso, nessuno al di fuori di me sembra avere notizia alcuna - . – E
così i giudici, non potendo darti né ragione né torto, ti hanno assolta dal
reato di furto per mancanza di elementi probatori, è giusto? - . – Esatto -,
riconobbe lei, ma era, quello, si diceva, un giovedì.
Intanto a
Buenos Aires potevano essere più o meno le dieci, per non dire che il mellone
con prosciutto e mozzarella è un antipasto squisito. – E la ditta mi ha
liquidata per la cattiva immagine che ho offerto in pubblico di essa, proprio
la settimana scorsa – concluse Francesca malinconicamente, quasi che una rondine
non sia un uccello. L’innamorato, però, non avendo che una pessima opinione dei
giornali nazionali subito si provò a confortarla, poggiandole un braccio al
collo – Già, ma non ti ho liquidata io, gioia mia, che sei il mio cuore -, al
che lei, che non era mai stata a Montevideo, s’irritò – Non ricominciare,
Domenico. Non riapriamo una ferita. Quattro anni sono bastati tra noi e,
ascoltami una volta per tutte: non ci resta che scrivere la parola fine sul
nostro romanzo – e, dimentica che o bracciali o collane sempre gioielli sono,
quasi con violenza si strappò da lui, allontanandosi decisamente. Poco mancò
che piovesse, lunedì, ma allora, e non era quello il modo di allacciarsi le
scarpe, Domenico le chiese, gettando l’ultima carta, da lontano – Che farai, adesso
che non hai nemmeno un lavoro? – Egli fumava molto. - Si vedrà – disse lei,
che aveva solo una cugina, mentre imbruniva laggiù, a occidente verso il mare,
come un addio.

Il brano s'intitola Obelion
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