domenica 1 dicembre 2013



Salvator Rosa - Veduta di un golfo

Il canone rinascimentale della assoluta aderenza alla natura, che viene fedelmente rappresentata alla luce della personalità dell'artista trova il suo capovolgimento nel canone barocco dell'assoluta aderenza alla sensibilità dell'artista, che viene conformemente rappresentata alla luce della natura. Quest'ultimo canone prelude a quello dell'arte contemporanea, in cui il riferimento alla natura viene più o meno abolito e s'impone pressocché unicamente l'intimità dell'artista, che si trasfonde tutto nell'opera, non importa quale ne sia il soggetto. In sostanza è un altro mondo che prende forma nell'arte barocca, non già il mondo esterno accessibile ai sensi, ma un mondo privato che abita nella coscienza dell'artista e non si conforma puntualmente al precedente. Quest'altro mondo prende decisamente il sopravvento e diviene egemonico nel XX secolo.
Sulla scorta di quanto detto, la stagione barocca è stata fondamentale nell'evoluzione della forma e della coscienza artistica, in quanto ha indicato la strada che poi il secolo XX ha percorso fino in fondo, abbattendo in pieno il principio aristotelico della mimèsi, che considerava l'esperienza estetica come imitazione della natura e della realtà. Diciamo pure che l'arte barocca avvia lo sgretolamento di questo criterio estetico e prepara il terreno al maturarsi dell'esperienza artistica dei vari De Chirico, Mirò, Picasso sul versante figurativo, come pure dei vari Svevo, Pirandello, Proust, Kafka su quello letterario e Scoenberg, Casella, Dalla Piccola, Berg, Strawinskji su quello musicale. Si deve alla creatività di letterati della statura di Giambattista Marino, Cervantes, Gongora, Milton, di artisti come Bernini, Velasquez, El Greco, Rembrandt e Caravaggio, di musicisti come Bach, Scarlatti, Cimarosa e Vivaldi se sono sbocciati l'astrattismo, il cubismo, il romanzo e il teatro del '900, nonché, credo, la scuola atonale.

Tra le avventure artistiche del barocco, una abbiamo omesso di elencare, con il presupposto di trattarla analiticamente a parte, quella di Salvator Rosa.
Un pittore, il Rosa, napoletano, che una certa critica malevola ha sempre confinato in un limbo di comprimarietà, ma che in realtà rappresenta una figura di grande risalto nel panorama dell'arte barocca. In comune con molti suoi colleghi artisti e letterati, come, per dirne qualcuno  il Caravaggio e Giambattista Marino, ebbe vita alquanto avventurosa e movimentata. Sul conto di Caravaggio si parla di uccisioni in duello (per una fu condannato a morte), di risse e, pare, di botte a un nobile romano, su quello di Marino di una fuga precipitosa da Napoli per sottrarsi alla detenzione o alla pena capitale a causa di certe falsificazioni di documenti successive ad un precedente conto con la giustizia per il procurato aborto a una donna e di un attentato da lui subito a Torino ad opera del suo rivale Murtola (che gli sparò dei colpi di pistola poi non andati a segno), sul conto di Salvator Rosa si riferisce che abbia fatto parte della Compagnia della morte, che a Napoli dopo la rivolta di Masaniello compiva rappresaglie cruente contro gli spagnoli. Tutti e tre, inoltre vagabondarono da una città all'altra, incapaci di permanere stabilmente in uno stesso luogo. Indizi, questi di una forte instabilità interiore, che veniva a significare una netta frattura con la compostezza morale ed intellettuale dell'umanesimo e rinascimento. Qualcosa si era rotto nella coscienza umana dopo Michelangelo, Raffaello, Sannazzaro ed Ariosto. L'equilibrio tra l'uomo e la storia, tra l'artista e il principe era andato perduto per sempre. 
L'ombrosità pittorica, che costituisce il dato più saliente dello stile caravaggiano, come espressione di mistero dell'anima, ormai avvolta nelle brume del postrinascimento, cadute che erano completamente le illusioni di quell'epoca convinta di avere scoperto la dimensione umana giusta, fondata sul protagonismo umano nella storia, e ora gettate nel discredito, che aveva generato il dubbio interpretativo, fonte di angoscia esistenziale (e che poteva spiegare avventure umane così burrascose come quelle del Caravaggio e del Marino) non si riscontra nel Rosa, che invece possiede una sua luminosità ed ariosità peculiari (si pensi alle sue mirabili marine, dove sembra di trovarsi in riva al mare). Ma in Rosa si registra altresì una sorta di straniamento del soggetto dall'oggetto, riscontrabile in tutta l'arte barocca, come, per esempio nel baldacchino berniniano di S. Pietro. La scena è come estradata in un limbo, un'aura remota, dove lo spettatore si perde in un altro mondo, un mondo sconosciuto, metafisico. La realtà, che nel rinascimento aveva ricevuto la massima corrispondenza e adeguamento con l'arte, adesso è artefatta, falsata. Una nuova realtà prende via via il posto nelle tele, quella della intima coscienza dell'artista, cifrata con un linguaggio non sempre limpido, che arriverà poi con l'esperienza del cubismo-astrattismo, passando attraverso quella dell'impressionismo a divenire logicamente indecifrabile, con lo staccarsi via via più recisamente dall'apparenza oggettiva delle cose, convertita in apparenza soggettiva della visione interiore dell'artista.
Nel Rosa la scena è ancora definibile, ma è sempre alterata nella sua effettività e oggettività, filtrata, cioè attraverso l'ottica deformante della sua intima psicologia, per quanto in certe tele si alieni marcatamente dalla natura e dal vero, fino a smarrirne in larga misura la plausibilità e credibilità pratica. 
Uno dei tratti propri di Salvator Rosa è, infatti la sua vena per così dire surrealistica, che consiste nel dar briglia sciolta agli scenari e alle figurazioni chimeriche e eteroclite, a un grado che nessun pittore dell'epoca ha mai manifestato e che precorre sorprendentemente le successive espressioni di tal genere del XX secolo. Per queste sue rappresentazioni di netto stampo onirico possiamo qualificare Salvator Rosa come il primo surrealista della storia della pittura.
 
 Salvator Rosa - Streghe e incantesimi
 
Dunque, altro che pittore marginale, il Rosa! Un pittore che fu anche musicista e poeta e con ciò forse preluse a quello che fu quasi tre secoli dopo l'idea di Wagner dell'unità delle arti. In realtà il Rosa fu essenzialmente un pittore e andò a infoltire la schiera dei molti rappresentanti di spicco del barocco napoletano, insieme a Marino e Bernini e senza dimenticare il Cavallino, il Ribera, il Recco, il Giordano e altri. Napoli, dunque, come altrove abbiamo avuto modo di dire, capitale del barocco. Nonostante molti dei suoi talenti artistici dovessero migrare altrove, come lo stesso Salvator Rosa, Bernini e Marino.
Salvator Rosa - Marina del porto
Un segno inconfondibile improntò l'arte del Rosa, che seppe dare un'interpretazione sui generis del barocco, su un versante da noi qualificato precedentemente come arioso e luminoso, e che incarnò così un altro polo dell'espressione visiva del XVII secolo accanto a quelle di Caravaggio e Lorenzo Bernini. 

Salvator Rosa- Battaglia eroica

Non solo, ma essa costituì, come abbiamo pure già rilevato, una tappa fondamentale nello sviluppo della forma e della poetica figurativa, che sarà ripresa soltanto nel '900 con la ricerca artistica dei surrealisti, di cui egli fu una specie di esponente ante litteram, ben 3 secoli prima. Una personalità, dunque estremamente moderna e vicina a noi, tant'è che potremmo sbilanciarci fino a concedergli per così dire la cittadinanza di uomo del XX secolo.
Salvator Rosa: le porte della percezione
  Salvator Rosa - Le tentazioni di S.Antonio

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