LE SPERANZE DELLA POESIA
Il battesimo di un
giovane poeta, Scotto Di Minico
Quante sono in giro le Cassandre che giurano la poesia sia
ormai finita? In tanti si affannano a celebrarne i funerali e la danno per
morta e sepolta. Eppure c’è chi lavora per darle nuova linfa e riportarla in
salute
Per far un esempio, in tempi recenti abbiamo tenuto a
battesimo un giovane poeta, che si affaccia sulle scene di questa arte,
Alessandro Scotto Di MInico. Difatti non è molto che è uscita la sua prima
raccolta, Il trapasso della gioventù. Essa testimonia che la poesia non è
affatto morta e può guardare avanti con fiducia.
C’è, oltre al resto, un fattore che ispira ottimismo per il
destino della poesia sulla scorta del contributo di questo poeta ai primi
passi, la sua impronta classica, che assicura una continuità nel tempo. Una
delle sue peculiarità è in realtà un solido impianto letterario ancorato alla
tradizione poetica antica, sì da ricordare la massima del francese André
Chenier faisons des vers antiques sur des pensers nouveaux. E’ come se
Alessandro Scotto Di Minico volesse scrivere intorno al nostro mondo così com’è
oggi e alle sue proprie esperienze in esso, a sfondo principalmente
sentimentale o familiare o comunque generazionale, con l’occhio e l’orecchio
trasmessogli dalla sua educazione classica di studente liceale che fu, non
senza una sana e formativa immersione ed escursione sulle espressioni a noi più
prossime della cultura ed arte attuale.
Si può nella lettura pertanto toccare con mano quale sia la
robustezza e la vitalità della versificazione di questo giovane esponente della
poesia corrente, che si accinge a entrare nella militanza attiva dell’esercizio
artistico.
E non importa che egli dovrà affrontare senz’altro le
resistenze, quando non l’avversione, delle cerchie letterarie di mestiere, in
Italia così spesso arroccate in clan che perseguono scopi personalistici e si
riverberano su una stampa cartacea e video tendenziosa e non obiettiva in
ossequio a finalità machiavelliche, dettate da interessi di parte. Il suo
compito dovrà essere comunque di dar retta esclusivamente alla sua coscienza
poetica, onde realizzare delle creazioni ad essa rispondenti in pieno, al di là
dell’influsso nefasto che gli proverrà dall’esterno, in special modo dalle
conventicole letterarie e dai media, ed è da credere che egli terrà fede a
questo progetto.
Alessandro Scotto Di Minico è certo una sicura promessa
dell’arte dello scrivere. Non un calligrafo, si badi bene, non si tratta per
lui di esercizi sterili di composizione poetica. Egli mostra una sua matura
accortezza di elaborazione, per cui mira a trasmettere attraverso la pagina non
semplicemente la sua abilità verbale, bensì nel contempo intera la sua
interiorità, nel momento in cui mette mano alla penna. Ed ecco che egli ci
mette a nudo questa interiorità, facendo nel contempo leva sulla sonorità della
sua versificazione. Ci spiattella così tutta la desolazione che lo affligge,
tutto il disagio che soffre in questo mondo a chiunque per tanti versi così
avverso e nemico.
Viene alla luce contestualmente il suo bagaglio culturale,
fatto di importanti letture ed esperienze artistiche stratificatesi negli anni,
che ispirano e corredano le sue cose, dove si intravede una personale visione
della espressione lirica. Una intelaiatura classicistica, per riannodarci a
quanto sopra, pur andando a innervare una esposizione del tutto attuale nata
dall’esperienza che l’autore ha vissuto sulla propria pelle, sembra a prima
vista essere sottesa alla sua scrittura, con l’uso frequente di termini e
stilemi della più collaudata ed aulica tradizione letteraria, che egli riporta
in onore. Scotto Di Minico si riallaccia senz’altro a questa antico patrimonio,
nel presentare ai lettori questa sua specie di riflessione sul tempo, in cui
egli, raccontando le sue esperienze biografiche individuali, familiari,
sentimentali, descrive a suo modo il suo passaggio alla vita adulta.
E appare lampante come questo passaggio, che del resto egli
ha ben fissato e cristallizzato nel titolo dell’opera, si compia attraverso
l’immunizzazione ed esorcizzazione che egli s’addestra a compiere del negativo
che investe ogni giorno il nostro cammino: “ Entra il male informe - egli
scrive in una sua lirica - con breve preavviso e le braccia e le mani
s’agitano, avvertono freddo “. Qui si coglie la misura del suo messaggio, della
sua diagnosi del nostro essere al mondo che lui vuole comunicarci: una veduta,
questa sua, bastante da sola a dare ragione di tutte o quasi le sue
manifestazioni in versi, che danno vita a questa opera prima.
Gerardo Allocca
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