domenica 28 luglio 2024

ALLA GRECIA 2024

L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio






Pompei - Affresco di Villa dei misteri





Chiunque segua questo blog saprà certo che il suo appuntamento a luglio con la Grecia antica non può mancare. Sa anche che vi si celebra un rito di rievocazione della letteratura ellenica di quelle epoche, a mezzo di brani nella traduzione originale del suo titolare, che, pur non essendo un grecista di professione, conserva, con il conforto anche di traduzioni altrui con cui egli si confronta, una formazione linguistica nel greco antico valida e all'altezza per affrontare la conversione di testi di allora, facendo leva ovviamente e basilarmente anche sulla sua esperienza narrativa e lirica personale. Il medesimo spera così di riportare in vita dei documenti letterari di alto pregio, rendendoli accessibili in una lingua moderna (per la verità da lui non scelta, ma obbligata dalle circostanze individuali) e modernizzandoli per il possibile, in modo da un lato di rendere il dovuto omaggio a una produzione letteraria all'origine della cultura occidentale, dall'altro di operarne al meglio una specie di restauro. Queste le motivazioni che mi spingono a presentare qui di seguito nella mia interpretazione alcuni spunti letterari di età classica che ritengo esemplari nell'ottica delle finalità sopra illustrate.
(Il blog ritornerà a settembre con nuove pubblicazioni)








LISIA - CONTRO ERATOSTENE, 4-7


Fu Pericle a persuadere mio padre a stabilirsi in questa terra, e vi risiedé trent’anni. Non venimmo a causa né io né lui con chicchessia, vivendo qui democraticamente senza né commettere torti verso chiunque né riceverne. Al tempo però dei Trenta, che si rivelarono perfidi e prevaricatori, essi, nell'assumere l'autorità, proclamavano necessitasse affrancare la città dagli improbi per indurre gli altri cittadini alla virtù e integrità, ma poi mai si permettevano di fare queste cose che propugnavano, come io mi sforzerò di salvarne la memoria, discutendo in primis sulle mie cose e le vostre. Tra i Trenta infatti Teognide e Pisone asserivano riguardo ai meteci che alcuni erano nemici dello stato, il che era un magnifico sotterfugio per dare a vedere di colpirli, ma in realtà approfittare  dei  loro averi.

D’altra parte la città era in cattive acque e al governo facevano d’uopo fondi. Così senza problemi attiravano le persone dalla loro parte. Nessun conto in verità facevano di eliminare esseri umani, laddove giudicavano di primaria importanza carpire ricchezze. 

(trad. G. A.)





ANACREONTE – Fr. 33


A noi la coppa subito, garzone,

e io la scoli d’un sol sorso dal liquido

nel cratere  con  dieci tazze d’acqua

e cinque di vino da te mischiate,

io brindi così  ancora, senza  eccessi.


Nel bere, non facciamo come Sciti,

ingordi in mezzo al chiasso e alla baldoria,

trinchiamo  adagio, tra soavi inni.

(trad. G. A.)





CALLIMACO - Ant.Pal. V, 6

“Giammai uomo o donna di te più vicini

avrò” promise Callignoto un dì a Ionide.

Promise; ma invero i giuramenti

degli spasimanti si dice breccia

non facciano all’orecchio degli dei.

Così oggi lui è in fiamme per un ragazzo

e quella infelice nemmeno calcola.

(trad. G. A.)





ERODOTO -  STORIE, VII-46

Di fronte alla vista dell'intero Ellesponto affollato di navi persiane e tutte le coste e le pianure di Abido traboccanti di soldati persiani, ecco Serse rallegrarsi, ma subito dopo versare lacrime.

Artabano, suo zio paterno, adocchiatolo, lui che per primo aveva espresso apertamente il suo avviso, consigliando Serse di non fare guerra alla Grecia, quest’uomo dunque, resosi conto che il re era in lacrime, gli pose questo interrogativo: - O re, quanto incongruenti cose tra loro hai compiuto adesso e poc’anzi, se, dopo d’esserti proclamato contento, adesso piangi - E quello a dire - Mi mosse a compassione il considerare quanto fugace sia l’intera esistenza umana, visto che di tutti questi pur così tanti di numero nessuno vivrà fino a cent’anni - Allora il primo gli fece - Di tanto ben altro e più commiserevole abbiamo patito dalla vita. In una vita così effimera nessuno che sia uomo, è  nato tanto fortunato, nè in mezzo a questi nè tra gli altri, che non gli salti alla mente non una, ma molte volte, di desiderare la morte piuttosto che vivere. In verità le disgrazie che ci colpiscono e le infermità che ci flagellano danno l’impressione che la vita, malgrado così breve, sia troppo lunga. Pertanto la morte, per essere così infelice la vita, diviene una salvezza ambitissima. E gli dei, che si beano della loro lieta esistenza, si dimostrano gelosi di essa -

(trad. G. A.)




CALLIMACO - Ant.Pal. VII,459


Brava a narrare, suonare e danzare,

spesso le ragazze di Samo Cretide

ricercano, di dolce compagnia

e lingua sciolta, ma qui ella riposa

 nella quiete che a tutte è destinato.

(trad. G. A.)





DEMOSTENE - I FILIPPICA, 30-32


Le disponibilità che abbiamo procurato, eccole dunque. Una volta sottoposte  al voto le alternative, se siete d'accordo, le delibererete per alzata di mano, onde contrastare Filippo non solo con le leggi e gli scritti, bensì anche nelle azioni. E sono dell'avviso che potreste decidere più efficacemente riguardo ai combattimenti e ai loro preparativi, se poneste mente, cittadini ateniesi, alla posizione geografica del paese contro cui dovete guerreggiare e se vi rendeste conto che Filippo si regola in genere volgendo a suo favore i venti e le stagioni e adotta le sue decisioni sfruttando i venti etesii e la stagione invernale, ove noi non possiamo intervenirvi. Fa d'uopo quindi, sulla scorta di ciò, non agire con incursioni in difesa (succederebbe di arrivare sempre fuori tempo), bensì secondo piani sistematici e con truppe regolari. E vi è lecito servirvi per le forze invernali di Lemno, Taso e Sciato, nonché delle isole nei paraggi, ove sono a disposizione tanto porti che vettovaglie e quanto necessiti per delle truppe; e durante la bella stagione, quando da un lato si può costeggiare la terra ferma dall’altro i venti sono gestibili, sarà consentito stazionare nei pressi di quella regione e dell’entrata dei porti.

(trad. G. A.)





CALLIMACO - Ant.Pal. XII, 43

Che sgorbio i poemi ciclici! Andazzo

mai tollero di chi erra di qua e là.

Mi disturbano gli amanti volubili, 

non mi disseto alla fontana pubblica

e mi rincresce ogni volgarità.

“Lisania un amore sei, sì un amore”,

e appena spenta l’eco di questa voce 

ecco chi spiffera  “Sta con un altro”

(trad. G. A.)





CALLIMACO - Ant.Pal. VII,471


Per sempre dorme qui sotto, Filippo,

ogni tuo sogno di padre, il tuo caro

fanciullo dodicenne Nicotéle.

(trad. G. A.)






lunedì 1 luglio 2024

IL TROUBADOUR XXIV-II

L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio







Paul Klee - Paesaggio sommerso




E' l'ora della poesia. Esiste ancora oggi?  La domanda è legittima, a considerare che ai giorni nostri essa è talmente svalutata e banalizzata che si è ridotta a esercizio di domenicale dilettantismo e pedestre espressione quotidiana, oltre al fatto che la sua manifestazione veramente autentica riesce quanto mai ostica e proibitiva in un mondo come  l'attuale in cui l'impoetico, lo sgraziato, il volgare, il dozzinale la fanno da padroni, insieme alla spersonalizzazione e al disprezzo della personalità.

Ma persiste in noi il bisogno di una scrittura più nobile, che nasca dalle sorgenti più distillate della coscienza e della cultura individuale. Un bisogno che ci dispone ancora a tentare la poesia, dando aperto corso al canto, inteso come liberazione dell'anima, che in esso si espande e realizza provvisoriamente. La poesia diviene così anche il momento per svincolarsi dalla sudditanza alla coartazione di una quotidianità alla mercé dello squallore, in cui dettano legge poteri sordi e particolaristici e clan di ogni sorta, compresi quelli a sfondo culturale ed artistico, che tutti imperversano in questo paese, tradizionalmente esposto ad essi, perché per natura propenso all'autoritarismo e al dirigenzialismo. Se poi riflettiamo che siamo immersi nella grande mondializzazione, gestita dall'influenza determinante dei media, che dirigono ormai le azioni della nostra vita, si capisce come tutti quanti abbiamo necessità di sganciarci da queste ipoteche  gravissime alla nostra intimità e, per così dire, giurisdizione privata.  

La poesia ce ne offre la possibilità, essa dunque valvola di sfogo all'abbandono e alla prevaricazione del mondo circostante, che ci scavalca e decide al nostro posto. Essa è l'occasione per essere finalmente noi stessi, per personalizzarci. Tuttavia, come  dicevo, la poesia è più che mai un rischio, perché facilmente può cadere nell'impoetico, nel banale, nell'impersonale. Ed ecco che quel rischio compare e la poesia diviene superstite, cioè il residuo ancora possibile di quell'aspirazione millenaria dell'anima. Come tale, ecco a voi qualcuna di queste scommesse dai miei Versi superstiti già pubblicati in volume su  Amazon (delle 2 poesie si può anche seguire l'audio all'interno del mio video You tube dal titolo Storia di un autore - VI tempo: Aggiornamento)





LUNGI LA PETROLIERA




Esposta all’impeto di venti e flutti, 

sulla rocciosa scogliera a strapiombo,

non può l’uccello che strillare a tratti.

Non fu che al lotto mancò il terno o l’ambo

o si strappò la rete al pescatore

e l’auto s’inceppò entro vie isolate,

grandine mieté nel campo ogni fiore,

sfondarono i nemici ancora al fronte. 



 

Egli, no, non poteva che salubre

strillare al becco proteso lontano.

L’estate perché moriva a settembre,

a sera sempre tramontava il giorno,

sempre candela ardendo si spegneva,

 fascio d’iris mai che non appassisse,

arrivato ogni treno ripartiva,

mai onda alla riva non si disfacesse.

Perché Bach suonato sul clavicembalo  

zittiva ogni volta all’ultima nota,

mai accadeva anche al teatro più bello

Hamlet non cadesse sulla ribalta.






NIENTE DA OSSERVARE




Niente, non c’è nient’altro da ridire

se non che poteva spirare allora

da sud quel vento, mica quelle barbare   

raffiche da nord che l’alba ebbe paura

addirittura anch’essa, per le sette

quell’appuntamento essere e non l’una,

non così affollate quelle serate,

trovarsi all’ultimo quarto la luna

e non al primo, quel carico d’oro

non viaggiare in aereo, ma in mare,

quella voce non come il marmo duro,

ma come campana al vespro squillare. 




Ma caddero i loti all’albero marci,

le fanfare non suonarono in strada,

s’insediarono poi sul trono i proci,

divenne in giardino ogni ortensia fetida,

sciamarono dai confini tra fori, 

capitelli, triclini, archi trionfali.

Non bastava che di ruggine i cuori

si coprissero nei privati annali,

ci voleva che l’acqua, in scure vene

scorrendo, tra i tuberi e le radici,

 spuntasse al sole nera più di penne

di corvo, anche più amara degli arsenici.