mercoledì 1 gennaio 2025

IL TROUBADOUR XXV - I

 L'eretico Bruno costituisce l'organo ufficiale dello scrittore (narratore e poeta) Gerardo Allocca, che vi pubblica a tutti gli effetti legali suoi contenuti letterari o saggistici. Si diffida chiunque dal riprodurli in parte o integralmente, essendo protetti dal diritto d'autore. Già dal nome il blog L'eretico Bruno tradisce la sua diretta correlazione con il filosofo nolano. E se da un lato il riferimento ad un eretico finito sul rogo non è proprio di buon auspicio, dall'altro questa intestazione suoni anche come un avviso nei riguardi di certi ambienti e clan al titolare di questo blog ostili che noi nolani abbiamo la testa dura, andiamo fino in fondo e lasciamo un segno non facilmente obliterabile del nostro passaggio


Henry Matisse - Femme au balcon






Tradizione di questo blog vuole che l'anno nuovo cominci con la poesia. Sarà forse, chi sa - ma non nelle intenzioni programmatiche, perché nata così come semplice successione di azioni, lo confesso - una scelta augurale, nella speranza che un anno, finito nella prosa, prenda il via nella poesia. Auguri certo, ma quanto circospetti e scettici! 
Un mondo come questo, nella morsa della globalizzazione internazionale, non promette niente di buono e un'Italia come l'attuale, già prima in preda a forze pseudodemocratiche, e ora sempre più in mani autoritarie e sorde, memori ed eredi di regimi del passato, come pure, nel campo culturale, gestita da clan, il cui unico scopo, sia pure ammantato di pie intenzioni, è mantenere la propria egemonia nel paese, non promette niente di meglio.
Dunque, un augurio pro forma più che altro in un periodo in cui gli auguri si sprecano e tanto per darsi una carica per il futuro. Basti ricordare la recente cronaca, con la Nazionale della letteratura presentata da improvvisati selezionatori, privi di qualunque titolo nel merito, ma investiti di altrettanto arbitrari incarichi statali, alla Buchmesse di Frankfurt, per essere presi da istinti vomitevoli e toccare con mano la rozzezza e volgarità della cultura pubblica di oggi.
Ma non roviniamoci quel tanto di festa che si annuncia in prospettiva, e pensiamo alla poesia. Una poesia, di cui qui offro qualche esempio dalla mia produzione già pubblicata presso Amazon, che si impernia sui miei soliti presupposti compositivi, già in passato illustrati su questo blog. Essa valga almeno per un pò, il tempo di una lettura e di una per così dire degustazione, a gettare nel dimenticatoio momentaneo tutto il deteriore e la vergogna che abbiamo d fronte agli occhi e a metterci, per un pò, ripeto, almeno per un pò, a contatto con la genuinità e l'elevatezza della poesia più pura.






DOCCIA FREDDA

  

Le ragnatele non è che pendessero

fitte e spesse dovunque nella casa,

qua e là c’erano ariose stanze, invero,

luminose e linde con bei quadri a iosa.

La girai tutta quanta come un ospite,

infine, uscendo, vidi ci abitavo

da una vita, mi ci specchiai di fronte,

quasi l’autoritratto dipingevo.

 

……….

 

E vidi squallide distese antartiche,

il sole a picco nel mezzo al Sahara,

l’arenile in preda al maltempo e barche

alla deriva o sfasciate, del dio ira,

il mezzodì di petali di melo

rosa e il grido dell’alba all’orizzonte,

la banderuola pazza nel suo ballo

al fortunale, lo zero costante.

 


ULTIMO BOLLETTINO

 

L’alba è lo stesso, che non puoi toccare,

l’onda che sempre si disfa e mai regge

o il rondò impossibile a trattenere.

Lo stesso quell’odore che le piogge

sempre ai prati regalano e poi rubano,

 il chiar di luna che mai può comprare

la notte per quanto il forziere pieno,

il pupazzo di neve che di sciogliere,

pur ad arte, non manca il primo sole.

A curare poiché i nostri gerani

nella nostra assenza nessuno volle,

ci bruciò il lampo cavi e capannoni,

provvide il vento a strappare rabbioso

le nostre tende da sole al balcone,

saccheggiarono a noi, varcato il passo

alle Alpi, le are, i fori ed ogni bene

i vandali, con le legioni in fuga.

Dei nostri legni al rientro dalle rotte

dell’Indie nient’altro sul bagnasciuga

che rottami ed armature distrutte

ai Caraibi, che la burrasca ai gorghi

sparse, salpati per le colonie, ori,

spezie esotiche, brillanti, quei carghi

per il trono a esigere e i suoi splendori.  

 E’ lo stesso ora che una scala in pietra

antica, a un portale che mai si vede

eretta, e che sale, sale senz’altra

scelta che salire né scorge il piede.